Ortensio da Spinetoli,
teologo, Recanati
Non potrò esserci ma sarò spiritualmente in mezzo a voi a riflettere
sulle aspettative e inadempienze
nell’attuazione del Concilio. Non si tratta di un avvenimento qualunque,
ma di una svolta epocale, “di civiltà” (S.Acquaviva), di una “rivoluzione
culturale “ secondo Carmine Di Sante. C’è un prima e un dopo : due chiese che
si incontrano e si salutano: una finisce e l’altra comincia. La “Lumen
gentium”, la “Gaudium et Spes” e la “Nostra Aetatae”, solo per menzionare tre
dei grandi documenti conciliari, vedono invertito il corso della chiesa che
finisce di essere “gerarchica” (LG), non più in antagonismo con il mondo (GS)
ed accorda a tutti gli uomini indipendentemente dal proprio credo religioso la
libertà di professare la propria fede (NAe). Purtroppo la storia la fanno gli
uomini e quella della Chiesa è dominata dai pontefici. Si è avuto il troppo
lungo periodo di un papa che non si è seriamente preoccupato di raccogliere
l’eredità del Concilio. Anche se candidato da alcuni devoti (per non dire
cortigiani) alla canonizzazione è stato fortemente autoritario ed ha riempito la scena più di sé stesso che
di Cristo e del Vangelo, anche se a parole diceva il contrario. Nell’aula
conciliare si era trovato con i “conservatori”, non aveva condiviso quindi la
nuova linea della Lumen Gentium e non vi si è attenuto nel suo governo.
Il successore che d’altronde era stato sempre il suo braccio
destro ( e pure il sinistro) non poteva adottare una linea diversa e non sembra
che la stia adottando nonostante la sorpresa della sua prima enciclica in cui
la sua cura pastorale è incentrata non tanto sulla verità, meno ancora sulle
dommatizzazioni, quanto sulla carità, l’unica proposta che può unire gli
uomini, i vari credenti, i diversi cristiani. Tutto il contrario della verità
che riesce solo a dividere , a
“contrapporre”, a uccidere.
La testimonianza di papa Giovanni e la perspicacia di Paolo
VI non hanno trovato continuità. Il Concilio per fortuna non si è arrestato, ha
subito qualche ritardo , ma presto o tardi finirà per trionfare. Chi vivrà
potrà constatarlo. Anche voi che siete lì raccolti siete animati da questa
speranza. E’ evidentemente anche la mia e di tutti gli uomini di buona volontà.
Il più caloroso fraterno augurio a tutti i partecipanti. Mi
permetto di ricordare che nel libricino “La conversione della Chiesa” (1975)
avanzavo la rivendicazione che “la chiesa siamo noi” soprattutto nel sesto capitolo “I presupposti
della comunione ecclesiale”. Solo per dire quanto sono e mi sento allineato con
voi. Uno in più è sempre meglio di uno in meno. Scusatemi. Uno dei vostri
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