Addio a Padre Camillo De Piaz,
«gemello» di Turoldo
Oggi a Tirano i funerali del servita scomparso domenica a 92 anni, «alter ego» più discreto del poeta fra David Si erano conosciuti in seminario nel 1929 e non si sono più lasciati, attraversando molte imprese: la Resistenza col giornale clandestino «L’Uomo», la Corsia dei Servi a Milano, i problemi con la gerarchia e l’«esilio»
di R OBERTO BERETTA (dall’Avvenire del 2 febbraio 2010)
S econdo di Corsia. Di certo padre Camillo De Piaz non ha mai considerato disonorevole essere citato come l’ « ombra » di Turoldo: lo era, in effetti, anche se il suo sparire dietro la figura allampanata del facondissimo confratello non è stato per niente questione di proporzioni morali o intellettuali. Padre Camillo valeva infatti di suo ( era coltissimo, di letture teologiche e letterarie assai aggiornate e scriveva molto bene, per alcuni persino meglio dell’amico) e, se ha accettato un ruolo defilato eppure fedelissimo accanto a padre David, non fu per difetto di talenti e nemmeno di carattere – al di là della sua leggendaria pigrizia di scrittore che all’amico Luigi Santucci faceva dire di lui: « Padre, perdonagli perché non sa quel che non fa » … No: come in natura esistono certi uccelletti « inseparabili » , che cantano solo quando sono in coppia altrimenti deperiscono e muoiono, così dev’esser stato anche tra i due religiosi, il lirico e la sua robusta spalla ( è noto del resto che il poeta teneva in altissima considerazione i pur laconici giudizi del collega, al punto da buttare nel cestino un testo già pronto se lui non era d’accordo con la pubblicazione…). De Piaz se n’è dunque andato domenica a 18 anni di distanza dal compagno, anche lui però nel gelo dei « giorni della merla » . Una cosa quasi normale per due montanari quali erano entrambi: David del Friuli, classe 1916; Camillo valtellinese, del 1918.
Luoghi e anni aspri, petrosi e di confine – « Di fame noi ce ne intendevamo » , spiegava talvolta il secondo – ma anche innervati di cristianesimo convinto e addolciti da un forte sentimento mariano ( non per niente De Piaz ha passato l’ultimo mezzo secolo accanto alla Madonna di Tirano, storico santuario sondriese dove oggi alle 14.30 si celebrano anche i suoi funerali). Si erano conosciuti ginnasiali, nel seminario vicentino dei Servi di Maria, e praticamente non si sono più abbandonati. Padre Camillo ricordava persino il giorno esatto: l’ 11 settembre 1929. E forse fu la loro stessa diversità ( che in molte occasioni si trasformava peraltro in complementarietà) e persino lo scontro dei caratteri a unirli indissolubilmente. « È più facile far tacere Davide che far parlare Camillo » , si diceva a Milano ai tempi i cui i due religiosi erano i dioscuri della Corsia dei Servi: la vulcanica officina di cultura cattolica e di fermenti ecclesiali che negli anni Cinquanta e Sessanta dalla chiesa servita di San Carlo emanava le sue proposte – la « Messa della carità » , la predicazione in Duomo, i cineforum, le conferenze e altre iniziative anche provocatorie o contestative – in tutta Milano, nella Lombardia e oltre. Giovani e promettenti sacerdoti, De Piaz e Turoldo erano nel capoluogo fin dalla guerra, inviati a studiare alla Cattolica; e lì avevano partecipato alla rete clandestina della Resistenza insieme ai comunisti Elio Vittorini ed Eugenio Curiel ma anche con i cattolici Mario Apollonio e Gustavo Bontadini, fondando il giornale L’Uomo: ovvero il ten- tativo di « ritrovare la dimensione umana in un periodo di manomissione dell’uomo » . Un titolo che già era un programma di non confessionalismo, di disposizione a lavorare con tutti i fronti ideologici. « Le nostre vite, le nostre scelte – disse una volta padre Camillo – sono imprescindibili dalla Resistenza. In realtà per noi essa era una condizione esistenziale del cristiano » . E in effetti a una certa « resistenza » anche nell’ambito ecclesiale ( o meglio clericale) è stata sempre improntata la loro esperienza, eccezion fatta per « l’età d’oro » del Vaticano II: « Noi ballavamo intorno al Concilio – ha dichiarato a proposito De Piaz in un’intervista –, era come vedere che quello che credevamo si avverava » .
Ma poi ci fu da pagare il conto e – a dispetto di ciò che comunemente si crede – finì che venisse chiamato a farlo quasi più il « gregario » De Piaz che non il prim’attore Turoldo, forse « protetto » dalla sua stessa notorietà: infatti già nel 1957 il sacerdote valtellinese dovette lasciare il convento di Milano a causa delle collaborazioni con i comunisti, in seguito alle quali aveva accettato incautamente l’incarico di consigliere della Casa della Cultura diretta da Rossana Rossanda. Del resto Camillo era più « intellettuale » di Davide e dunque, come contraccolpo della sua continua lotta contro il « potere » che schiacciava i poveri, più esposto agli eccessi o alle semplificazioni dell’ideologia. Cominciò così per lui una sorta di « esilio pendolare » tra Tirano e la metropoli, che non gli impedì peraltro di partecipare alla sua maniera – cioè dietro le quinte – ai fermenti dell’epoca; per esempio con traduzioni di testi « profetici » ( compreso l’originale italiano della Populorum progressio, che Paolo VI aveva fatto scrivere in francese) e consulenze « religiose » con varie case editrici, ma senza dimenticare impegni apparentemente « minori » come la fondazione di un Museo etnografico e di un centro giovanile in Valtellina. Un’appartatezza gemella – ma ancora una volta così diversa – a quella contemporaneamente condotta da Turoldo a Fontanelle di Sotto il Monte nel segno di un altro imprescindibile punto di riferimento dei due serviti: Papa Giovanni.
Così avanti fino agli anni Novanta e alla morte di padre David nel 1992 e oltre, sempre restando di sentinella sul « crocevia » : una parola e un concetto che piacevano molto al sacerdote valtellinese, tanto da metterlo a titolo di uno dei suoi rari libri. No, non sembrava proprio soffrire di complesso d’inferiorità, padre Camillo: « Ho dovuto far da contrappeso a chi faceva, e parlava, troppo – confessava anzi –. Ma stavo bene, maledettamente bene all’ombra di David » . Forse adesso gli « inseparabili » potranno di nuovo cantare.
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