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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

pellegrinaggio a Bozzolo: un intervento di Luisito Bianchi sull’eredità di don Mazzolari




 

Una lettera
a don Luisito Bianchi

 

Carissimo don Luisito,

il direttivo di Noi Siamo Chiesa ha deciso nella sua
riunione di domenica 29 di organizzare per sabato 18 aprile un pellegrinaggio
alla tomba di don Primo Mazzolari  a Bozzolo
(ore 11,  Chiesa di S. Pietro) in occasione del
cinquantesimo della sua morte. Ad esso invitiamo tutti
quanti si sono formati al suo insegnamento e ne vogliono mantenere un ricordo
non inquinato da una comoda e facile propaganda enfatica e stupidamente
apologetica.

 Abbiamo anche deciso di chiederti cortesemente, in quanto discepolo di Mazzolari,
quali siano i tuoi sentimenti e le tue opinioni in questa occasione. In
particolare su :

 —quali siano in
sintesi i punti principali del messaggio di Mazzolari
che sono tuttora validi per ogni credente nell’Evangelo;

 —cosa pensi delle tante celebrazioni in corso per il cinquantesimo gestite dall’ufficialità della
Chiesa, che è la stessa che molto lo avversò in vita;

 —se credi, quali sono
stati i tuoi rapporti personali con Mazzolari.

 Ti ringrazio anticipatamente anche a nome di tutti noi di Noi Siamo Chiesa.

 Un abbraccio di pace nel nome del Signore

Vittorio Bellavite

 

Milano 2 aprile 2009

 

 

La risposta di don Luisito

 

 

Caro
Vittorio,

mi chiedi che pensi dell’ufficialità che si costruisce
attorno a don Mazzolari nel cinquantesimo della sua morte, un’occasione attesa
e preparata per onorare i comportamenti, i sentimenti, la memoria insomma di
questo nostro fratello la cui vita è stata intensamente vissuta davanti alla
Parola che non passa, all’amore del Padre fatto carne in Gesù Cristo.

Debbo fare una precisazione che mi sembra importante
anche se potrebbe sembrare una questione formale. Tu mi chiedi che parli di don
Mazzolari “in quanto suo discepolo”. In questa espressione ci può essere un
equivoco. Innanzitutto, come lo conobbi io, don Mazzolari non voleva discepoli
che lo imitassero. E penso che non ci fosse nulla da imitare. Don Mazzolari
indicava chi bisognava imitare, ponendosi sempre come discepoli.

 

Il mio Maestro, diceva parlando dei comportamenti
evangelici. Don Primo incentrava tutta l’influenza che la sua eccezionale
parola e sensibilità suscitava senza nemmeno ricercarla, verso l’evangelo.
Cercava collaboratori, questo sì, alla maniera dell’apostolo perché gli fossero
d’aiuto e di sostegno nell’opera che sentiva come una missione. Forse ci fu chi
poco intelligentemente pensò a un’imitazione di facciata, rasentando il
ridicolo. Se ci fu qualche tentativo in questo senso si sciolse nel nulla, al
suo timido apparire.

Questo
non significa che don Primo non esercitasse un’influenza straordinaria. Parlo
per me. Nella mia decisione a scegliere nella vita di diventare prete, i libri
e l’esempio di don Primo ebbero una grande importanza; soprattutto sul modo di
esercitare il sacerdozio, se mai fossi giunto a tale meta. L’influenza andava
al cuore dell’evangelo senza che altre considerazioni potessero intromettersi,
e che oggi sembrano essere addirittura laragione dei fari puntati su don Primo
in occasione del 50mo della sua morte.

 

Lo
si vuole onorare definendolo un Profeta. È un modo piuttosto sbrigativo per non
chiederci che cosa ha lasciato, trasmesso, alla chiesa tutta, e  interrogarci se l’unico modo di onorarlo non
sia quello di riprendere la sua passione di evangelizzatore. Non fu un  profeta perché continuamente indicava, come
Giovanni il Battista, Colui che aveva realizzato in sé ogni profezia.
Chiamandolo profeta si corre il rischio di legittimare il comportamento
d’incomprensione nei suoi confronti e di chiudere la questione innalzando il
monumento al Profeta che non poteva essere compreso e che, quindi, seguì la
sorte d’ogni profeta che non è mai accetto fra i suoi.

 

Si
dice anche che precorse i tempi. Non c’è tema che don Primo abbia trattato e
non sia definito un precorrere i tempi, avendo, ad esempio, come punto di
riferimento, perfino il Concilio. 
Precorse anche il Concilio. Io penso che a interrogarlo allora, quando
non si faceva questione né di profezia né di anticipazione dei tempi, don Primo
avrebbe risposto  che il tempo era ormai
compiuto in Cristo, la pienezza del tempo altro non era che Cristo crocifisso e
risorto, che il Padre ci aveva donato come segno del suo amore assoluto per
l’uomo.

 

E
allora, che cosa richiederei perché l’avvenimento del 50mo della morte sia
l’occasione per accogliere e fare propria, come Chiesa, la sua testimonianza di
chiesa? Mi rifaccio ancora alla mia esperienza personale. Non è che in casa
mia, trattandosi della scelta che intendevo fare, la cosa fosse pacifica. Mio
padre mi diceva che i preti non avevano cuore e che l’unico che lui conosceva
veramente di cuore, don Primo, era messo al bando dalla Chiesa a dimostrazione
che essa non voleva preti di cuore. Fino all’ultimo – dico alcuni minuti prima
che entrassi negli esercizi del suddiaconato – batté per l’ultima volta su quel
tasto. Non poteva accettare che suo figlio non potesse avere cuore. Al mio
sorriso aggiunse: “Se proprio vuoi fare il prete, fallo giusto”.  Sapevo che cosa intendeva con quell’aggettivo:
avere cuore e non cercare soldi, come don Primo.

 

Ecco,
non si dovrebbe dimenticare, in tutta l’ufficialità dei riconoscimenti – dicono
perfino sedute alla Camera, un francobollo commemorativo, discorsi ufficiali di
chi non conobbe don Primo e riuscirà a diventare punto di riferimento anche
nella banalità – che don Primo ebbe un cuore di carne, come il suo Maestro
oltretutto. Fin dalla prima omelia, giovanissimo curato in un paesetto a pochi
chilometri da Cremona sul Po, ebbe la testimonianza della Nina: “Signor Curato,
per essere la prima volta ha proprio parlato con cuore”. Credo che anche
l’ultima volta a pochi giorni dalla morte, ci fosse stata la Nina gli avrebbe
detto: “Signor Parroco, per essere l’ultima volta ha proprio parlato con
cuore”. Fra la prima e l’ultima c’è stata di mezzo tutta la vita di un cuore
che bruciava da consumarsi, come aveva splendidamente previsto il vecchio
parroco della Nina che aveva udito, anche lui, la prima omelia: “Quel ragazzo
ha del cuore fino in bocca”. Vecchio di vita ed esperienza, aveva aggiunto con
una lucidità impressionante, che sembrava illuminare le fatiche e  le gioie di avere, come prete, un cuore di
carne: “Penserà ben qualcuno nella vita a farglielo rimasticare”. Non si dice
nulla di strano a lamentare nella chiesa di oggi la quasi assenza di un cuore
di carne alla maniera d’un Giovanni XXIII (non per niente in un fugace apparire
questo papa e don Primo s’intesero e si sorrisero). Chissà, fosse ancora vivo,
soprattutto in questi ultimi tempi, come avrebbe dovuto rimasticarlo, questo suo
cuore!

 

Credo,
caro Vittorio, che questo sia il lascito di don Primo alla chiesa, un dono che
anche lui ha ricevuto attraverso avvenimenti e persone che gli hanno costruito
il cuore. Allora accetto tutta l’ufficialità come il prezzo che questo nostro
grande fratello deve pagare, come altri che lo precedettero su questa linea, a
tranquillizzare a basso prezzo buone coscienze, perché non è possibile
imbalsamare un cuore di carne che continuamente pulsa negli scritti e nei
comportamenti di don Primo. Ormai il dono è irrevocabile per don Primo e per la
sua chiesa, la promessa pasquale già avverata come Profezia: “Toglierò da voi
il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 26). E tutto questo,
nella stessa Profezia realizzata, “non per riguardo a voi, ma per amore del mio
nome santo”. Per amore del Cuore di Carne di Cristo, come cercò di dimostrare
don Primo in tutta la sua vita.

 

Caro
Vittorio, potrebbe essere questa lettura della vita e della testimonianza di
don Primo un impegno di “Noi siamo chiesa”, dato che volete onorare anche voi
don Primo nella semplicità del cuore e nella verità della mente.

tuo
Luisito

 

Viboldone, 15 aprile 2009

 

 


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Commenti

Una replica a “pellegrinaggio a Bozzolo: un intervento di Luisito Bianchi sull’eredità di don Mazzolari”

  1. Avatar
    Anonimo

    Sento solo di ringraziare il Signore perchè mi ha dato di sentire un cuore di carne e chi lo fa sentire nella gratuità. l.d.

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