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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Piero Stefani prende le distanze dall’Appello pro Francesco

Il pensiero della settimana, n. 503

Forte nella denuncia, debole nei rimedi

Anche nel messaggio per la giornata mondiale della pace 2015, Non più schiavi ma fratelli, papa Francesco ha confermato le sue caratteristiche di essere vigoroso nella denuncia, meno pregnante nella diagnosi e debole nella terapia. Parola di fuoco, analisi generiche, rimedi improbabili. Impressiona l’elenco delle nuove forme di schiavitù che riguardano lo sfruttamento dei lavoratori e lavoratrici anche minori, i migranti, vari tipi prostituzione, il traffico e il mercimonio di organi, l’organizzazione su vasta scala dell’accattonaggio, forme mascherate di adozione internazionale e via dicendo. Le cause sono ricercate nell’ambito, valido ma non specifico di oggi, del peccato e dell’adorazione del dio denaro. I rimedi si risolvono in auspici rivolti agli Stati, alle organizzazioni internazionali, alle imprese e alla società civile.

Ognuno di questi temi richiederebbe, in realtà, analisi di straordinaria complessità. Il traffico di organi, per esempio, costituisce un’aberrazione del tutto contemporanea. Esso, oltre alle evidenti ingiustizie legate al dio denaro e al peccato dello sfruttamento compiuto dall’uomo sull’uomo, implica una valutazione sul mondo della tecnica e su visioni antropologiche che impongono la prosecuzione a ogni costo della vita biologica (rispetto alla quale il magistero cattolico si rivela accomodante o, in certe forme, addirittura colluso). Come sempre l’offerta presuppone una domanda. Ci sono i poveri che subiscono gli espianti, i criminali che li mettono a disposizione sul mercato, ma ci sono anche gli acquirenti e i chirurghi che li impiantano. In tutti questi passaggi il dio denaro c’entra , ma non basta appellarsi ad esso per spiegare ogni cosa.

Curare il mondo è un’impresa che va al di là delle capacità umane. Rispetto a esse un papa può fare poco. Su questo terreno la dimensione retorica, intesa, ben s’intende, nel senso nobile del termine, resta, in pratica, l’unico campo percorribile. Diverso il discorso quando si guarda all’interno della Chiesa. Lì le capacità di intervenire sono reali. In qualche modo l’opinione pubblica – almeno cattolica – lo ha compreso dando grande attenzione al discorso tenuto da Francesco alla curia romana il 22 dicembre scorso. Esso è stato imperniato sulla denuncia di ben quindici mali che affliggono la curia – ma più estesamente ciò vale quasi per ogni altra istituzione. Le reazioni prevalenti sono state quelle di ipotizzare una forte tensione tra papa e curia. Non sono mancate ipotesi dell’esistenza di manovre antipapali. In cerca di adesioni, sta ancora circolando un appello, dal tono e dai contenuti fuori misura, redatto da don Paolo Farinella. Esso, prendendo lo spunto da un articolo critico (o perplesso) di Vittorio Messori apparso in prima pagina del Corriere della sera del 24 dicembre, si schiera in difesa del papa minacciato da supposte oscure manovre.

Gli ambienti curiali conservatori, con l’appoggio di non meglio precisate lobby, starebbero orchestrando un attacco senza precedenti nei confronti di papa Francesco (prima pagina del Corriere vigilia di Natale! Che si vuole di più?).

Bisogna perciò mobilitare truppe a difesa. I critici di papa Ratzinger sono diventati i primi difensori del papato. Il loro schema sembra essere solo quello «papa buono – papa cattivo». In modo più meditato Vito Mancuso (La Repubblica 23.12.2014) ha giustamente rilevato l’impossibilità storica di separare la curia dal papato. Si fanno a ripetizione santi papi che hanno dato scarsa prova di saper governare organismi da loro nominati.

In effetti va detto che fin dall’origine medievale la curia è stata l’espressione della crescente centralità assunta dal papa. Gli storici hanno mostrato che in ciò è stata modello agli stati moderni. Il problema della riforma della curia non è quello di cambiare il personale e non è neppure quello di inserire qualche donna in ruoli dirigenziali. La questione sta nel fatto che una autentica riforma della curia deve comportare una corrispondente radicale riforma del ruolo del papa. L’indicazione l’aveva data proprio Francesco nel suo presentarsi dalla loggia di San Pietro come vescovo di Roma. Ma un vescovo di Roma che presiede la molteplicità della Chiese nella carità, può essere un capo di stato e centro indiscusso di un’amministrazione che riguarda la Chiesa universale?

Il discorso alla curia romana di Francesco comincia in modo sconcertante. Abbagliati dai successivi ripetuti rimproveri e denunce, i più non hanno colto questo aspetto. Naturalmente la maggior parte dei giornalisti non l’ha fatto anche a causa della loro ben nota incompetenza teologica (prima o poi ci si dovrà chiedere se la figura stessa del vaticanista non presupponga una qualche forma di secolarizzazione). La coscienza ecclesiale, a iniziare proprio dall’ala conciliare, invece non avrebbe dovuto trascurare il passaggio. Dice Francesco:

il Concilio Vaticano II ricorda che «nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l’utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11)». Perciò «Cristo e la Chiesa formano il “Cristo totale” – Christus totus -. La Chiesa è una con Cristo».
È bello pensare alla Curia Romana come a un piccolo modello della Chiesa, cioè come a un “corpo” che cerca seriamente e quotidianamente di essere più vivo, più sano, più armonioso e più unito in sé stesso e con Cristo.
In realtà, la Curia Romana è un corpo complesso, composto da tanti Dicasteri, Consigli, Uffici, Tribunali, Commissioni e da numerosi elementi che non hanno tutti il medesimo compito, ma sono coordinati per un funzionamento efficace, edificante, disciplinato ed esemplare, nonostante le diversità culturali, linguistiche e nazionali dei suoi membri.

Usare l’immagine di Chiesa come corpo mistico, per non parlare del rimando paolino, per applicarlo alla curia fatta di Dicasteri, Consigli, Uffici, Tribunali, Commissioni rasenta l’incredibile. Lo stesso vale per la scelta di presentare la Curia Romana come modello della Chiesa. Per dirla come andrebbe detta, si tratta di veri e propri errori teologici ed ecclesiologici: si assume il punto in cui il cattolicesimo romano ha contribuito ad avviare il processo di secolarizzazione moderna per presentarlo come «piccolo modello di Chiesa».

Naturalmente papa Francesco non ignora queste cose. Allora perché si è espresso in questi termini? Il suo discorso va inquadrato, come sempre, nel consapevole primato da lui attribuito alla pastorale e alla guida spirituale. È una via che obiettivamente sta aiutando molti. Bisogna però essere consapevoli che essa, da sola, non è in grado di gettare le basi per alcuna seria riforma della Chiesa.

Piero Stefani


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Commenti

4 risposte a “Piero Stefani prende le distanze dall’Appello pro Francesco”

  1. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Debbo essere sincero. Noto che intellettuali organici di formazione-Gramsciana-Balducciana
    in circolazione ben pochi ve ne siano rimasti. E d’altro canto la precaria situazione in cui riversano
    la gran parte delle istituzioni accademiche-culturali-universitarie ne sono la logica conseguenza.
    A nulla è valso l’accorato appello che uno dei più insigni filosofi contemporanei Gadamer fece già
    nella seconda metà del secolo breve rivolto a salvare l’alta cultura e i saperi lo sforzo della sintesi
    unitaria rivolta al bene comune dal pericolo incombente della degenerazione e frantumazione,
    logica conseguenza del rimpicciolimento dell’intellettuale e della sua profonda inadeguatezza rispetto
    ai grandi e complessi problemi che assillano l’ominide del terzo millennio. Non mi permetto ovviamente
    di entrare del merito della statura culturale e intellettuale dello Stefani certo di prestigio, ma che denota
    con il suo articolo di critica a Farinella e non solo, tutte le caratteristiche purtroppo sopra accennate.
    L’elenco fatto da Stefani citando Francesco:–non più schiavi ma fratelli è una enunciazione di situazioni
    drammaticamente presenti nella odierna società, E ben ha fatto Francesco a denunciare con grande forza e vigore. Dovrebbe chiedersi Stefani ma ovviamente non solo lui un po tutti gli intellettuali definiti
    –Progressisti–quale siano le loro responsabilità concrete e oggettive della degenerazione e del collasso morale ed etico che oggi ci è dato di vedere e vivere. Hanno esaudito fino in fondo il grande compito che la storia nel suo
    divenire ha a lo assegnato?Ritengo di no. Almeno questa è la mia convinzione. Chiusi nei loro limitati
    recinti culturali,spesso gli uni contro gli altri.Quando un intellettuale afferma che curare il mondo è
    una impresa che va aldilà delle capacità umane, e che un Papa può fare ben poco, –non oso immaginare
    la sofferenza che sta Investendo Balducci–Ritengo che ci sia ben poco da aggiungere. Mi ritrovo perfettamente
    a condividere il grande dolore –da inverno dello spirito–che esprime Il maestro Gerardo Marotta lui da uomo
    di grande spiritualità di vasta e alta cultura ma al contempo fatta anche filosofia concreta,certo laica. ma cos’è realmente la laicità? Se non la parte più nobile e religiosa dell’essere umano? Quando denuncia la totale inadeguatezza e spesso la pochezza culturale rispetto ai compiti che la –casta– di intellettuali –chierici e laici il nostro paese esprime.Riflettessero un po su questo invece di criticare spesso l’incriticabile,e uscissero da quella
    gabbia di ristretti orizzonti da loro stessi costruita.
    Un caro saluto.

  2. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Ovviamente don Paolo Farinella non abbisogna certo delle mie modestissime
    difese essendo io privo di qualsiasi–autorità– Tuttavia mi pare in perfetta sintonia quanto
    vorrei evidenziare con quanto scritto dallo Stefani.
    Si legge nella densa prefazione fatta da Farinella al libro –Una Chiesa di tutti–dal titolo:
    Un’altra Chiesa per quale Chiesa?Dove testualmente scrive:E’ difficile per me scrivere di
    Chiesa e specialmente di altra Chiesa, come anche di fede laica, dopo l’arrivo di Papa
    Francesco, piombato come un improvviso meteorite extraterrestre a sconvolgere lo stagno
    in cui il Papa polacco e il Papa tedesco–ironia della Storia–!l’avevano confinata e imprigionata.
    I lacci del relativismo e i laccioli dei –principi non negoziabili–,corollari necessari di una struttura
    clericale presuntuosa e presunta depositaria–Della Verità Assoluta–, avevano trasformato
    –l’ekklesia– biblica in una società per interesse in concorrenza, e spesso in sudditanza o peggio
    in combutta con qualsiasi potere, anche il più immorale, anche il più ignobile, pur di mantenere
    il primato apparente di una potenza sempre più fragile e discussa, senza futuro perché senza Dio.
    La Chiesa italiana –commissariata– prima dal ventennio del card. Camillo Ruini e poi dal pronubo
    card.Angelo Bagnasco,si è schierata politicamente, appiattendosi sulla destra dominata dal virus
    dell’immoralità di Silvio Berlusconi,che pagava –per cosi dire– in dobloni d’oro, l’appoggio
    clericale e il silenzio episcopale Sull’altare dell’indecenza, i vescovi idolatri sacrificarono la verginità
    della profezia e della fede; come le prostitute a pagamento immolavano sull’altare del drago i loro servigi
    interessati e maleodoranti pur di avere una rendita, una legge su misura in parlamento o un
    straripamento in tv. I pastori della Chiesa, chiamati ad essere le sentinelle del diritto e della giustizia,
    della verità e della dignità, diventarono invece accattoni di miserevoli briciole che non avevano
    nemmeno la dignità delle lenticchie del Biblico Esaù –Cf Gen 25-33-34– Per 27 anni la Chiesa
    cattolica è stata sottomessa a un Papa –imperatore–di Polonia che dietro il suo potente carisma
    umano, nascose il suo vero obbiettivo del suo interminabile regno: annullare citandolo all’infinito
    il concilio ecumenico Vaticano II . Il Papa imperatore non poteva accettare una Chiesa Spirituale–,
    cioè carismatica in ogni credente. Il suo ideale fu e resto il Medioevo anzi la Potenza medioevale,
    che riusciva a imporre al braccio secolare di chi si adattava al suo imperio per opportunità o timore.
    Parigi di ogni tempo e luogo val sempre bene una qualsiasi Messa. Dopo il Papa polacco, per otto anni
    la Chiesa ha vissuto il buio dell’insipienza con il papato tedesco di Benedetto XVI che portò a
    compimento l’opera iniziata dal suo predecessore, di cui fu , per un quarto di secolo, il collaboratore
    principale nel ruolo decisivo di prefetto della Congregazione della fede, cioè del Sant’Uffizio di ieri
    e del san’Uffizio di oggi non basta infatti cambiare un nome per mutare la natura delle cose. I due Papi
    avrebbero dovuto conoscere l’insegnamento di Giustiniano, secondo cui, –nomina sunt consequientia
    rerum -Istitutiones, II,7,3–. Un Papa pauroso e introverso, dedito più al gattino e al pianoforte che alla
    complessità del mondo di cui aveva paura e della teologia che egli riduceva solo a quella Romana.

    Parole forti queste di Farinella da –pensatore d’urto– con il quale si può anche dissentire su alcuni
    passaggi, tuttavia gli va dato merito di aver messo coraggiosamente il dito sulla piaga. E come non
    cogliere la quasi –lapidaria– attualità nelle considerazione fatte da Balducci e riportate in un notevole libro:
    Ernesto Balducci e il dissenso creativo, opera scritta da Enzo Mazzi, trascrivendo una intervista allo scolopio
    pubblicata in –nuovi preti– di Mario Pancera pubblicato da Sperling E Kupfer nel 1977, L’autore domanda
    a Balducci: Il popolo cattolico può allora esimersi dall’obbedire alla gerarchia ecclesiastica cosi com’è
    oggi intesa? Balducci non si sottrae alla domanda insidiosa e da una risposta che certamente non avrebbe data
    in quelli stessi termini dieci anni prima, negli anni caldi:–L’obbedienza afferma Padre Ernesto Balducci
    ha rovinato il mondo. L’obbedienza è diventata uno strumento per l’alienazione della coscienza.
    E una volta alienata la coscienza, l’uomo è in stato di totale soggezione al potere. Il Vangelo invece
    annuncia la liberazione dell’uomo. annunciare il Vangelo senza annunciare la liberazione dallo
    stato di dipendenza significa usare il Vangelo come oppio per i popoli. E come non ricordare
    Marsilio Ficino Citato da Ernesto Buonaiuti nella sua storia del cristianesimo:Dio ha creato l’uomo
    libero, capace di realizzare in pieno il suo destino e la sua salvezza.E l’opera della redenzione non è
    opera di trasfigurazione e di riscatto; ma bensì opera di corroboramento e di addestramento,
    e il Cristo è l’espressione simbolica perfetta di quel che si realizza nell’anima di ogni credente
    agnostico, il congiungimento perfetto dell’umano col divino.
    Papa Francesco ha innanzi a se un grande compito da lui iniziato poi spetterà al suo successore
    continuare, salvare la Chiesa dal suo declino in molta parte dovuto a i motivi prima velocemente
    accennati; ma sopratutto nel solco dell’insegnamento del Cristo,attrezzarla con nuove energie
    spirituali e morali a aiutare l’uomo ad uscire dall’inverno dello spirito in cui si trova; dare fattive
    e concrete risposte alle drammatiche aspettative a questa nostra umanità, sempre più
    drammaticamente gravida di sofferenze e tribolazioni; una grande finestra assieme ad
    altre totalmente aperta all’umanità.
    Un caro saluto.

  3. Avatar Anna Maria Fioravanti
    Anna Maria Fioravanti

    Non si può che essere contenti che con il pontificato di Bergoglio sia stata possibile l’apertura di un dibattito sulla figura e sul ruolo del Pontefice e della Chiesa nel mondo contemporaneo.
    Finalmente nessuno più si scandalizza che all’insegnamento del Papa possa far seguito un dibattito: e ciò in quanto è lo stesso Bergoglio che offre l’opportunità di affrontare temi “sensibili” e rilevare atteggiamenti in contrasto con l’insegnamento evangelico. E’ ben vero che papa Bergoglio, come afferma Piero Stefani, è forse generico nel denunciare i mali del mondo contemporaneo, ma è anche vero che non spetta a Lui indicare le soluzioni politiche ed economiche.
    Non si possono non condividere le critiche alla Curia romana oggetto dell’analisi di Pietro Stefani e la probabile inopportunità di chiamata a raccolta dei fedeli in difesa del Papa. Mi pare che Bergoglio abbia avviato alcune riforme importanti che possono ricondurre la Chiesa allo spirito di collegialità del “Vaticano II” e all’ allontanamento dai modelli di governance e di temporalismo. Sono processi lunghi di fronte ai quali possono ergersi autodifese e tentativi di ostacolo.
    Complimenti al prof. Stefani per avere avviato questo dibattito.
    Anna Maria Fioravanti

  4. Avatar Ernesto Borghi

    Piero Stefani è un uomo colto ed intelligente. Credo, però, che questa volta egli non si renda conto della posta in gioco e non abbia la percezione del punto di partenza di quanto stiamo vivendo, dalla Chiesa cattolica alla società civile. Rendere d’impronta effettivamente evangelica tanti gangli della struttura ecclesiastica centrale, le nomine episcopali in giro per il mondo, le relazioni tra vescovi e preti, tra i vari funzionari delle curie e la popolazione delle singole diocesi, tra parroci e i loro parrocchiani, sono tutte azioni che non possono essere realizzate da un uomo solo, ma che papa Bergoglio ha dato l’impressione di poter avviare seriamente. Il discorso alla Curia come tanti interventi di Francesco in questi quasi due anni di ministero quale vescovo di Roma non possono essere interpretati secondo prospettive dottrinali tradizionali, come è avvenuto fino a Benedetto XVI. Stefani certamente sa che, leggendo con attenzione 1Cor 12, il discorso va colto in modo complessivo: ogni servizio, ogni ministero ha senso nel quadro della vita dell’organismo comune che è la Chiesa il cui capo è Cristo. Non credo che Bergoglio volesse presentare la Curia romana attuale come modello dell’attuazione della logica di 1Cor 12 né che pensi a questa prospettiva in futuro. Chi fa parte della Curia vaticana deve, come qualsiasi altro cristiano, portare il proprio contributo alla vita globale della Chiesa, testimone del Dio di Gesù Cristo a livello terreno. Uno degli aspetti più entusiasmanti dell’azione di papa Bergoglio è proprio, secondo me e, penso, secondo molti altri, questo fatto: non contano lambiccate costruzioni speculative in campo teologico né appelli alla retorica dottrinalistica o moralistica, ma quanto importa è la freschezza del Vangelo che innerva la quotidianità di tutti e può raggiungere l’esistenza di chiunque. L’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” è, in proposito, un documento di fondamentale eloquenza (cfr., per es., un mio recente contributo apparso nel numero di “Annali di Studi Religiosi” del 2014) e papa Francesco appare proprio credibile in questa prospettiva altamente e concretamente educativa. Il fatto poi che la sete di denaro venga indicata da Bergoglio come il cancro fondamentale alla base delle prevaricazioni che singoli e popoli subiscono oggi, chi può sostenere sensatamente che ciò non sia del tutto vero? I due banchi di prova fondamentali dell’azione riformatrice e evangelizzatrice di papa Francesco saranno certamente, da un lato, la trasformazione della Curia romana in struttura di servizio per le Chiese locali e non di controllo e di dominio su di esse e, dall’altro, gli esiti del Sinodo ordinario sui temi familiari dell’ottobre 2015. Se non vi saranno cambiamenti significativi in questi due ambiti (nel secondo il tema dell’ammissione ai sacramenti dei divorziati/risposati è molto importante), certamente la credibilità di Jorge Mario Bergoglio – che è oggi giustamente assai elevata e messa in discussione solo da “intellettuali” come Vittorio Messori, orfani di un cristianesimo tradizionalista, verticistico ed autoritario – diminuirà assai notevolmente. Stiamo a vedere. Comunque concludo, ricordando a Stefani e ad altri, che da molti decenni a questa parte non si riscontrava l’attenzione alla libertà di coscienza, al valore delle relazioni umane e alla ricerca della verità senza arroccamenti ideologici che papa Bergoglio ha proposto. E se questo sembra poca cosa…

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