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Ratzinger indagato. Si aspettano le sue spiegazioni. Il rapporto da Monaco sui preti pedofili dice che era (ed è) il sistema che non funziona e che coinvolge tutti. Leggi anche le dichiarazioni di padre Zollner.

“Da arcivescovo insabbiò quattro casi” Le accuse a Ratzinger sui preti

pedofili

di Paolo Rodari

in “la Repubblica” del 21 gennaio 2022

Joseph Ratzinger, che da prefetto dell’ex Sant’Uffizio provò a processare padre Maciel Degollado,pedofilo fondatore dei Legionari di Cristo, e poi da Papa chiese per la prima volta perdono alle vittime della pedofilia aprendo la strada alla «tolleranza zero», è oggi chiamato in causa per non aver agito in quattro casi di abusi commessi da preti quando era arcivescovo di Monaco e Frisinga, dal 1977 al 1982. Lo riferisce un report reso noto ieri e commissionato dalla stessa diocesi allo studio legale Westpfahl Spilker Wastl. Benedetto XVI ha presentato una memoria difensiva e si è dichiarato estraneo ai fatti, ma i legali del rapporto a loro volta hanno risposto dicendo di ritenere«poco credibile» la smentita del Papa emerito.

Il cielo sembra continuare a essere nero sopra la volontà della Chiesa di fare pulizia, nonostante passi in avanti siano stati fatti. Il rapporto di Monaco parla di cifre che impressionano: almeno 497 sono le vittime di violenze sessuali perpetrate dal 1945 al 2019. Secondo gli autori, 247 vittime sono maschi e 182 femmine. Il 60 per cento delle vittime aveva tra gli otto e i 14 anni. Lo stesso Ratzinger, che poco prima dell’elezione al soglio di Pietro parlò della necessità di eliminare la «sporcizia» nella Chiesa, viene sostanzialmente accusato di aver insabbiato: «In quei casi queisacerdoti hanno continuato il loro lavoro senza sanzioni. Ratzinger era informato dei fatti. LaChiesa non ha fatto nulla», ha detto l’avvocato Martin Pusch nella conferenza stampa di ieri a Monaco. Parole alle quali ha subito replicato il segretario del Papa emerito, l’arcivescovo Georg Gänswein, che ha spiegato come Benedetto in verità non abbia ancora approfondito per intero il report «che ha più di mille pagine», ma lo farà nei prossimi giorni.

Benedetto, ha spiegato Gänswein, «esprime il turbamento e la vergogna per gli abusi sui minori commessi dai chierici, e manifesta la sua personale vicinanza e la sua preghiera per tutte le vittime, alcune delle quali ha incontrato in occasione dei suoi viaggi apostolici». Di «senso di vergogna» e di «rimorso per gli abusi sui minori commessi da chierici», ha parlato anche la sala stampa della Santa Sede. Mentre l’attuale arcivescovo di Monaco, il cardinale Reinhard Marx, ha detto: «Sono scosso e mortificato. Come arcivescovo mi sento corresponsabile per quanto accaduto nella Chiesa negli ultimi decenni». E ancora: «In gioco c’è il rinnovamento della Chiesa».

Anche Marx, personalità vicinissima a Francesco, membro del Consiglio dei cardinali che aiuta il Papa nel governo e nella riforma della curia romana e coordinatore del Consiglio per l’Economia della Santa Sede, è citato due volte nel report, per errori su due casi.

Un’altra volta è citato il predecessore di Ratzinger a Monaco, il cardinale Friedrich Wetter, che avrebbe trattato «scorrettamente » addirittura altri ventun casi. Marx lo scorso giugno proprio per l’evidenza delle omissioni ecclesiastiche avvenute in diocesi offrì al Papa le sue dimissioni. Parlò di «catastrofe» nella gestione degli abusi e di «scacco istituzionale e sistemico» di una Chiesa «giunta a un punto morto». Francesco, tuttavia, le respinse chiedendogli di rimanere al suo posto.

Una settimana fa era stato Die Zeit a tirare in ballo ancora Papa Benedetto per non essere intervenuto su padre Peter Hullermann, oggi 74enne, che tra il 1973 e il 1996 abusò di almeno 23 ragazzi dagli 8 ai 16 anni. Nel 1980 Hullermann fu inviato da Essen a Monaco con una diagnosi di «disturbo narcisistico di base con pedofilia ed esibizionismo » per seguire una psicoterapia.

Ratzinger, che guidava la diocesi, lo accolse a Monaco ma un mese dopo il suo arrivo l’allora vicario generale Gerhard Gruber diede a Hullerman un incarico da assistente in una parrocchia. Su questa vicenda è stato ancora Gänswein a dire che Ratzinger non era informato. Tuttavia qualche ombra resta e non sarà facile dissiparla.

 

 

BERLINO-ADISTA. Joseph Ratzinger, con la correzione, il 24 gennaio, della sua testimonianza resa durante l’indagine sugli abusi a Monaco dello studio legale WSW, sembra aver seguito il parere espresso il 22 gennaio, in un’intervista all’agenzia cattolica tedesca KNA, da p. Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori sin dalla sua creazione e presidente dell’Istituto di Antropologia: Studi Interdisciplinari sulla Dignità e la Cura della persona umana della Pontificia Università Gregoriana di Roma. «Dovrebbe fare una dichiarazione semplice e personale», aveva auspicato Zollner; «In essa, potrebbe dire “Non ricordo di aver preso parte all’incontro in questione. Se c’ero, ho sbagliato e mi scuso. Anche se gli psicologi in quel momento hanno dato una valutazione diversa di quei casi, io avrei dovuto dedicare maggiore attenzione alla questione. Mi scuso per questo”».

La dichiarazione tardiva di Ratzinger, tuttavia, è piuttosto carente dal punto di vista dell’assunzione di responsabilità, in quanto attribuisce a un errore redazionale la sua originaria affermazione di estraneità al famoso incontro dell’ordinariato del 1980 in cui si decise il trasferimento a Monaco da Essen del prete pedofilo Peter H., già condannato.

Nell’intervista, Zollner, che è stato interrogato dallo studio legale di Monaco Westpfahl Spilker Wastl durante la preparazione del rapporto, afferma di aver offerto la sua valutazione «sulla base delle conclusioni teoriche degli esperti». «Ciò che rende così prezioso questo ultimo rapporto – ha osservato – è il suo approccio globale. Perché non si occupa solo degli aspetti legali, ma misura anche ciò che è accaduto contro l’immagine di sé della Chiesa». Non solo ma dimostra «che un rapporto di esperti assegnato e finanziato dalla Chiesa può benissimo essere indipendente. Le questioni sono affrontate in modo chiaro e la metodologia ha funzionato: non solo i documenti sono stati valutati, ma anche le vittime sono state incluse e i testimoni contemporanei interrogati».

Quanto alla memoria di 82 pagine consegnata da Ratzinger e allegata agli atti dell’indagine, «mi ha sorpreso – afferma il gesuita – che si limitasse solo agli aspetti giuridici, testimoniali e canonici. Manca la consapevolezza che vi fosse coinvolto anche il lato umano e la percezione esterna. Lo si può vedere nell’esempio del prete che si masturba davanti a ragazze minorenni: siccome non c’è stato alcun contatto fisico, non costituisce un abuso, secondo la dichiarazione firmata da Benedetto. Per inciso, ho sentito esprimere grande stupore in Vaticano per il fatto che questa affermazione non sia stata concordata con altre parti».

Ora, dopo la pubblicazione del rapporto, «va lentamente riconquistata la fiducia di chi è stato danneggiato, possibilmente ampliando l’ufficio di un difensore civico, che è più di un interlocutore diocesano. Bisogna andare nelle comunità e nelle famiglie dove ci sono state, e ci sono tuttora, irritazione e divisioni. Per creare un clima in cui le ferite possano rimarginarsi».

Quanto ai responsabili ecclesiastici indicati come responsabili nel Rapporto, secondo Zollner «ognuno individualmente dovrebbe assumere una posizione concreta, percepibile e comprensibile e segnalare che ha capito. L’avvocato (Marion) Westpfahl ha detto una cosa che ho notato anche nelle mie discussioni con i teologi: i rappresentanti della Chiesa danno l’impressione di non credere al potere del sacramento della riconciliazione – la confessione – quando si occupano dei peccati e dei fallimenti di chi è in posizione di responsabilità. Esame di coscienza – in questo caso: la perizia – confessione, pentimento e atto di riparazione: tutto questo, secondo l’insegnamento cattolico classico, è una condizione per il perdono. Questo vale per i singoli, ma anche per le diocesi e le Conferenze episcopali».


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