Roma locuta,causa finita?
di Giancarlo Zizola (da Repubblica del 10 febbraio 2010)
Poche cose come le bassure avignonesi nelle quali è sprofondata in queste ultime settimane la credibilità del suo governo centrale sembrano nuocere maggiormente alla forza viva della
Il Vaticano ha inteso dare un taglio alla deriva degenerativa,questo è il segnale principale del “comunicato della Segreteria di Stato”. Un messaggio ai vescovi,al clero,al popolo dei fedeli che hanno seguito con pena crescente questo ritratto deprimente dello “stato di salute” del corpo ecclesiastico dirigente.
Un clima fattosi pesante,carico di tensioni,colmo di risentimento. E che esigeva,più che spiegazioni, assicurazioni e conforto. Un tentativo di mettere la parola fine al brulicare del gossip,nello stile imperioso,quanto sterile, del classico “Roma locuta,causa finita” con cui la curia romana liquidava i casi scottanti,senza ammettere ulteriori interlocuzioni. L’obiettivo, si può credere, è – almeno nelle intenzioni migliori – di favorire il ritorno alla normalità, il recupero del grande slancio spirituale infranto, della fierezza cristiana delle radici, il senso della dignità della vocazione cristiana,troppo esposta ancora una volta alle tempeste e umiliazioni del mondo.
Ammessa ogni buona intenzione, resta l’interrogativo: lo stile apologetico adottato dal documento, che si fa notare per la forma inabituale, è sufficiente a raggiungere l’obiettivo? La Segreteria di Stato, cioè una delle parti in causa, poteva farsi credibile emissaria di una sentenza senza appello il cui esito si traduce in un’autoassoluzione? Se le inquietudini di pastori e fedeli urgevano un intervento chiarificatore, è davvero esente da dubbi che lo stile delle confutazioni assiomatiche fosse il più appropriato,anzi il più rispettoso della dignità e intelligenza delle domande? E dal punto di vista ecclesiale, una volta informato ufficialmente il pubblico che il Papa aveva chiesto di istruire un dossier cognitivo completo sull’intero affare, per quale ragione si è invece optato di fatto per una paginetta in cui l’affanno dei dinieghi,pari alla fretta della produzione, tradisce troppo facilmente la ricerca di una rimozione dei fatti, piuttosto che la disponibilità a tirare umilmente una lezione profonda dalla distretta storica?
Si deve riconoscere che ancora una volta,e per quanto sia minima la faccenda in cui la Chiesa di Pietro si è trovata afflitta in queste settimane, il sistema istituzionale ha preferito la scorciatoia del rigetto a tutto campo piuttosto che la via del convincimento razionale, la via veritativa che tanto sta a cuore a Papa Ratzinger. Una via che non teme di assumere l’analisi del male infiltratosi anche nella sua vigna . Perché – come diceva proprio Ratzinger da cardinale – la Chiesa deve difendersi contro la pretesa di una Chiesa solo santa. “Il suo Signore è venuto a cercare i peccatori e a mangiare alla loro tavola. Non può mai essere una Chiesa fuori dalla realtà del peccato,ma è la Chiesa in cui si trovano grano e zizzania,pesci di ogni tipo”.
Il meno che si può osservare è che il comunicato non sembra riflettere abbastanza questa figura di Chiesa. Alcune disfunzioni nell’apparato sono deplorate da tempo da membri del Sacro Collegio. La mancanza di una autocritica al riguardo,di più l’occultamento delle deviazioni emerse non fa che aggravare il malessere dell’intero sistema e ritardarne la riforma che è nelle attese del popolo
Voci che gridano nel deserto,dal Concilio in avanti, auspicano la riforma collegiale della monarchia pontificia,coi rappresentanti degli episcopati a governare la Chiesa “con
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