Il coordinatore di “Noi Siamo Chiesa” Vittorio Bellavite è stato intervistato ieri da Radio Popolare sulla conclusione dell’episcopato del Card. Scola. Sintesi delle sue risposte.
Quale è la “storia” di Scola?
Il suo legame da giovanissimo con don Giussani ha condizionato ogni momento della sua vita nella Chiesa. Da giovane partecipò in primissima fila allo scontro che ci fu nel mondo giovanile cattolico a Milano. A quel tempo era preconizzato come il successore di don Giussani. Poi da seminarista venne costretto a farsi ordinare prete a Teramo da un vescovo ciellino perché il seminario e la diocesi negli anni settanta male tolleravano i ciellini che organizzavano una specie di loro “chiesa” nella Chiesa. Lontano da Milano inizia la sua “carriera” senza interruzioni.
In che modo?
Giovanni Paolo II lo sponsorizza, prima diventa vescovo di Grosseto, dopo poco Rettore della Università Lateranense (conosciuta per essere la più tradizionalista tra le università pontificie) e Preside dell’Istituto per lo studio del matrimonio e della famiglia. Infine viene nominato nel 2002 patriarca di Venezia e cardinale dove lancia l’interessante centro internazionale interreligioso Oasis che però accetta i finanziamenti del tutto irregolari da parte del Mose .
Come mai arriva a Milano?
Il nuovo capo di C.L. Carron nel marzo del 2011 scrive a Roma parlando male di Martini e di Tettamanzi e chiedendo al papa un uomo “forte”, di orientamento conservatore ed identitario per la successione nella cattedra di S.Ambrogio (notizie che si hanno dalle carte segrete pubblicate in occasione degli scandali). Benedetto XVI lo nomina a Milano nel giugno del 2011 per indicare, con il trasferimento nella diocesi più importante, che egli era il candidato alla successione nel pontificato (probabilmente Ratzinger pensava già alle dimissioni). Questa è l’interpretazione diffusamente condivisa sul senso di un tale nomina. Quanto a “Noi Siamo Chiesa” dall’inizio ha espresso una posizione nettamente critica nel metodo e nel merito.
Il Conclave è andato diversamente
Una tale segnalazione, così evidente da parte di Ratzinger, sicuramente è nuociuta a Scola che peraltro tutti sapevano essere il candidato dei conservatori. In Conclave si è creata un’alleanza santa per fare pulizia, contro la curia, contro Bertone e i suoi in particolare, e contro tutti quelli del circuito che controllavano il Vaticano o che erano nella sua orbita. Era necessario andare fuori dall’Europa e fare una scelta pastorale lontana dall’eurocentrismo e dal “relativismo” di Ratzinger. Così la candidatura di Scola non è decollata ma era talmente nell’aria che, pochi minuti dopo la fumata bianca del 13 marzo 2013, la Conferenza episcopale diffuse un incredibile testo di congratulazioni a Scola per essere stato eletto papa!
Non mi hai detto come si è mosso a Milano.
Ha dovuto prendere subito le distanze da C.L. e dagli scandali dei suoi politici (“incontravo Formigoni solo per gli auguri di Natale e poco più”) e barcamenarsi nei confronti della diffusa diffidenza del clero nei suoi confronti. Inoltre quando è arrivato si è subito pensato che fosse stato nominato per contraddire il nuovo corso di Pisapia alla guida della città. Questa non è la mia opinione, ritengo che sia stato nominato per il motivo che ho detto sopra. Le sue uscite esplicitamente clericali sono state abbastanza contenute (nel messaggio alla città di S.Ambrogio 2012 ha fatto un discorso sulla “sana” laicità che ho criticato vivacemente). Ha preso posizione contro il divorzio breve, la legge Cirinnà e a favore del Family day ma erano cose scontate.
In conclusione che voto dai a Scola?
Sei, tenendo conto della collocazione imbarazzante in cui si è trovato con il tipo di nomina che aveva avuto, dei suoi vecchi legami con C.L. diventati un ostacolo, del voto in Conclave, della presenza di Pisapia. Mi pare che abbia cercato di fare l’arcivescovo con un certo equilibrio, anche aprendo alle tematiche dei rifugiati, del lavoro ecc…E’ difficile capire come abbia gestito le nomine in curia e in diocesi. Non abbiamo tollerato che abbia emarginato don Gianfranco Bottoni. E poi il suo magistero è risultato piatto, ripetitivo senza essere capace di fare i conti con i problemi e le sofferenze dell’uomo in ricerca che ha domande di senso nella secolarizzazione crescente. Ha gestito l’ordinaria amministrazione del cattolicesimo ambrosiano. La discontinuità con Martini e Tettamanzi mi pare abbastanza evidente.
Milano, 8 novembre 2016
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