Colombia, le Farc scrivono a Francesco: la pace è a rischio
Il leader della storica guerriglia latinoamericana compie un gesto clamoroso e scrive al Pontefice chiedendo alla Santa Sede e alla chiesa colombiana di sostenere ogni sforzo per il raggiungimento dell’accordo di pace fra le Farc e il governo. Il negoziato è a un passo dalla conclusione ma ci sono ostacoli politici e militari
di Francesco Peloso (La Stampa 21 aprile 2016)
Il fatto non ha precedenti: il capo delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie di Colombia, la più grande forza guerrigliera del Paese, Timoleon Jimenez, alias Timochenko, ha scritto una lettera aperta al Papa affinché intervenga come mediatore per far arrivare in porto il negoziato di pace in corso con il governo di Juan Manuel Santos. Le trattative fra le Farc e l’Esecutivo hanno preso il via nel 2012 e si svolgono nel territorio neutrale di Cuba, ora sono vicine alla conclusione ma proprio a un passo dal traguardo sembrano sorgere ostacoli che rischiano di mettere in discussione il cammino percorso. La ripresa di attività militari violente condotte da squadre paramilitari in alcune zone del Paese, il dissenso espresso verso l’accordo da parte di settori politici oltranzisti come quello dell’ex presidente Alvaro Uribe Velez (partito del Centro democratico), rappresentano alcuni segnali di allarme che fanno temere per il proseguimento dei negoziati. Anche perché servirà un ampio consenso popolare per la fine vera delle ostilità e l’accettazione di un accordo che prevede molti punti che spesso hanno rallentato il processo di pace .
E’ stato il gesuita Javier Giraldo, da diversi decenni impegnato nella promozione della pace e nella difesa delle fasce più deboli della popolazione nel Paese latinoamericano, ad aver sottolineato nei giorni scorsi la gravità di alcuni problemi presentando il rapporto annuale sui diritti umani elaborato dal Cinep, il Centro di indagini e studi popolari. In una lunga intervista al periodico «Semana» , padre Giraldo ha affermato: «nel rapporto mettiamo in luce il peso del paramilitarismo nelle violazioni dei diritti umani e nelle aggressioni ai difensori dei diritti umani. Nell’anno passato (il 2015, ndr), si sono verificate 1889 casi di violazioni dei diritti umani dovute a persecuzione politica, abuso di potere, intolleranza sociale; il che significa minacce, attentati, sparizioni, torture e violenze sessuali fra gli altri delitti commessi. Della metà di queste violazioni sono responsabili i paramilitari, la qual cosa dimostra, contrariamente a quanto si afferma, che il paramilitarismo in Colombia è ancora attivo».
Secondo il gesuita, poi, i legami fra questi gruppi armati e le società multinazionali che gestiscono grandi piantagioni o le attività minerarie, sono ancora molto forti, mentre i paramilitari controllano diverse zone vicine alla capitale Bogotà; tuttavia, secondo il gesuita, oggi siamo di fronte a una miscela di ideologia antipopolare e criminalità comune senza un nesso diretto col governo, ma ci sono collegamenti con alcuni ambienti economici, militari e politici. Per il governo di Bogotà, poi, le Bacrim (bandas criminales, i nuovi gruppi paramilitari), fanno parte della criminalità organizzata legata al traffico di droga e di armi senza un profilo ideologico ben definito, per questo parlare di paramilitari non è esatto (tuttavia le Bacrim nacquero grazie all’iniziativa di vecchi leader degli squadroni paramilitari sorti per combattere la guerriglia). In particolare tali gruppi si muoverebbero in accordo con i cartelli della droga.
D’altro canto gli intrecci fra narcotraffico e movimenti armati di varia natura e ideologia, in Colombia ha ormai una storia tristemente lunga e drammatica le cui conseguenze maggiori sono pagate dai cosiddetti ’desplazados’, cioè gli sfollati interni in fuga dal conflitto civile e criminale in corso da decenni. E’ in questo contesto non facile, nel quale però – va sottolineato – i negoziati fra le Farc e il governo sono andati avanti fino a raggiungere quasi una conclusione – che arriva la lettera rivolta al Papa da parte di ’Timochenko’.
Nel testo il leader delle Farc parla in termini estremamente positivi del negoziato con il governo di Juan Manuel Santos portato avanti all’Avana dal 2012, sottolinea il sostegno dato alla trattativa dalle Nazioni Unite, dagli Stati Uniti, dall’Unione europea e da altri organismi sovranazionali americani, rileva anche l’importanza dell’enciclica ’Laudato sì’ nell’aver messo in luce le distorsioni del capitalismo. Dunque un testo politicamente accorto, che riconosce alla Santa Sede e alla chiesa colombiana un ruolo importante quali soggetti in grado di aiutare la Colombia a raggiungere il traguardo della pace.
Tuttavia, afferma ancora Timochenko, «organizzazioni paramilitari hanno scatenato nel nostro Paese un’offensiva che punta a demoralizzare gli amici della pace», una strategia che fa uso della forza delle armi per fermare il negoziato, in tal modo «sono state intimidite intere regioni del Paese. Quest’azione nefasta coincide con un piano intrapreso dai settori politici che beneficiano della guerra, che agitano gli animi e pretendono di mobilitare l’opinione pubblica contro gli accordi raggiunti». «Crediamo che mai come ora – afferma ancora il testo – la nostra patria richiede la semina dell’amore dove cresce l’odio, la forza del perdono dove prevale l’offesa, il calore dell’unione dove si annida la discordia, la fede dove regnano i dubbi, la verità dove c’è l’errore. E proprio in tale frangente è chiamata ad avere un ruolo da protagonista la Chiesa di Cristo». «Sua Santità – prosegue il testo – ha mostrato in modo evidente questo apostolato, andando da un luogo all’altro del Pianeta con il suo messaggio di amore. Pensiamo che la Chiesa potrebbe dispiegare uno sforzo analogo in Colombia, dalla più umile parrocchia alla più alta gerarchia, e risvegliare nel cuore di quanti sono confusi la forza della pace e della riconciliazione».
Il messaggio è chiaro, la richiesta è quella di una mediazione a due livelli: sul piano politico-diplomatico e a livello di mobilitazione dell’opinione pubblica sul piano interno per favorire la conclusione positiva del processo di pace. Di certo ha fatto scuola la mediazione esercitata dalla Santa Sede per la ripresa delle relazioni diplomatiche fra Stati Uniti e Colombia, d’altro canto l’accordo è di fatto stato raggiunto e ora si tratta di chiuderlo. Probabilmente le Farc cercano di sfruttare anche gli ultimi mesi di presidenza Obama, quindi il sostanziale favore con cui la Casa Bianca vede la trattativa in corso, perché non è detto che la prossima amministrazione veda le cose nella stessa maniera. Ed è noto, fra l’altro, come fra la Santa Sede e l’attuale governo degli Stati Uniti si sia stabilità una buona sintonia.
Infine non va dimenticato che nel 2017 il Papa dovrebbe visitare la Colombia, anzi i primi preparativi per la visita sono già iniziati, ma presupposto per il viaggio del Papa è certamente la firma della pace fra le Farc e il governo per chiudere mezzo secolo di conflitto.
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