Logo Noi Siamo Chiesa

Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Sono falsari i quattro evangelisti. A proposito del processo in Vaticano

Propongo di denunciare per violazione della privacy i quattro evangelisti. Proprio
loro, che si sono permessi di raccontare diversi episodi della vita di Gesù senza
avere una liberatoria firmata dall’interessato. Quest’ultimo, probabilmente, non ci
teneva si sapesse in giro del trattamento che riservò ai mercanti nel tempio, affrontati
con toni, diciamo così, sopra le righe. Forse avrebbe preferito si tacesse anche di
quando, durante la Pasqua, si dileguò a Gerusalemme, comportandosi come un
qualsiasi adolescente scapestrato, gettando nell’ansia la madre e il padre, che pure
erano due sante persone. Non solo, a Maria e a Giuseppe che si lagnavano
dell’incoscienza rispose che erano affari suoi e che lui era venuto altre faccende, più
serie, da sistemare per conto del Padre, non il falegname, l’Altro. Senza contare che sui
miracoli raccomandava discrezione ai beneficati.
Eppure gli autori dei vangeli, compresi quelli degli scritti apocrifi, andarono per la
loro strada, narrando ciò che ritenevano giusto, agendo secondo coscienza. Oggi
potrebbero essere alla sbarra, insieme ai giornalisti Emiliano Fittipaldi e Gianluigi
Nuzzi, in un processo che lascia sgomenti e ci fa comprendere meglio come andavano
le cose in altre stagioni oscure della Chiesa, non ancora cancellate dagli animi più
infantili che, quando c’è di mezzo la religione, sono anche i più pericolosi.
Eppure, proprio quegli antichi cronisti, servitori della Parola, sono la causa indiretta
del processo in atto all’interno delle mura leonine, perché senza i loro racconti la
religione cattolica probabilmente non esisterebbe e così i processi medievali come
quello in corso. È stato grazie agli evangelisti che la nascita, la vita, la morte e la
resurrezione di Gesù si sono impiantati nell’immaginario collettivo divenendo quello
spartiacque della storia che tutti crediamo siano.
È vero che esistono pagine di grande umanesimo precristiano, ma solo le affermazioni
esplicite e coerenti del Nazareno si prestano a costruire un sistema di valori spendibile
anche presso chi non crede alla sua divinità. È stata, dunque, la parola scritta, anche
quando era indiscreta, a costruire nel corso dei secoli il basamento della Chiesa
cattolica che, se non l’unico, rimane uno dei cuori più grandi tra quelli rimasti al
mondo, soprattutto quando al suo vertice viene issato un uomo della stazza
dell’attuale pontefice.
Tuttavia, per restare tale, essa deve imparare a fidarsi degli uomini, a cominciare
dai laici, comprese le due persone che oggi sta processando, domandandosi perché
molti dei suoi esponenti sono così tanto infastiditi da quelle rivelazioni e così
indifferenti alla sostanza delle stesse.
Tempo fa una mia paziente si è recata dal suo parroco chiedendogli una benedizione
per il proprio padre morente. Il sacerdote, affacciatosi da uno spioncino, senza
neppure aprire la porta, le aveva risposto con malcelato fastidio che bisognava
attenersi agli orari indicati sulla bacheca della chiesa. Come se non si dovesse morire
ore pasti. Se un giornalista avesse origliato e poi riferito quanto udito, avrebbe fatto il
bene della religione cattolica, costringendola a porsi qualche domanda sul proprio
comportamento. Correzione fraterna, direbbe un chierico.
Purtroppo non è così che funzionano le cose all’interno della Chiesa. Sottotraccia
agisce una pretesa intollerabile, che la vorrebbe al riparo dalla narrazione, come
se essa dovesse godere di un regime speciale. Se ne può parlare solo bene. Tuttavia
tale diritto non le è dovuto e nessuno dovrebbe sognarsi di chiederlo in suo nome,
perché dove non esiste l’esercizio dello spirito critico non può esistere alcuna
civiltà, religiosa o laica che sia. La storia è stata più che esplicita in materia.
Ribellarsi a una tale prepotenza è un dovere, innanzi tutto per rigettare l’idea,
davvero malata, che la Chiesa appartiene solo ai consacrati, ma oggi è necessario
anche per sostenere lo sforzo del Papa, intenzionato a rompere il giocattolo di chi
non vuole saperne di scendere dalle posizioni di potere alle quali spesso aveva potuto
accedere a causa di contiguità peggio che politiche.
Un metodo ancora oggi attivo e probabilmente duro a morire, applicato ancora di
recente nella nomina un vescovo, un carrierista, vissuto all’ombra dei potenti, capace
di tenersi sempre alla larga dai temi più scomodi, immigrati inclusi, per non perdere il
favore di questo o quell’altro. Nella stessa diocesi è cresciuto un suo coetaneo,
intelligente, devoto alla causa della carità e della fratellanza tra gli uomini, pronto ad
assumere posizioni impopolari se il bene comune lo richiede, amato da tutti i fedeli e
apprezzato per l’equilibrio. Sarebbe stato un ottimo vescovo, invece non lo diventerà.
Un altro colpo delle mani discrete che decidono secondo le leggi della contiguità e le
convenienze delle varie combriccole, le stesse mani che non tollerano intrusioni dei
loro giochi di potere e si permettono di offendere gli italiani montando una ridicola
macchina processuale, peraltro piuttosto sommaria.
La medesima primitiva convinzione che risuona nelle inqualificabili parole
intercettate a Luigi Negri, ciellino integralista, uomo di modeste qualità eppure
divenuto vescovo. Non vorremmo pensare perché espressione di un movimento
potente, che regnante Giovanni Paolo II assunse il massimo della sua lucentezza.
Basta leggere i tre volumi sulla storia del Movimento, autore l’altro non memorabile
vescovo ciellino, Massimo Camisasca, per sapere quanto fosse stretto il legame tra i
figliocci di don Giussani e il papa polacco, sodalizio santificato con frequenti incursioni
serali nelle stanze vaticane. Dev’essere la nostalgia di quei tempi, che speriamo non
tornino mai più, a fare sbroccare il povero Luigi Negri che, dopo avere augurato a
Bergoglio di fare la stessa fine di papa Albino Luciani e divenuto consapevole di
essere stato registrato, commenta così l’atto di intercettarlo: «Questo nuovo episodio
spiega tutto l’odio teologico contro la Chiesa». Ancora una volta si fa finta,
furbescamente, di non capire qual è la forma e qual è la sostanza, ancora una volta il
colpevole non è ladro di polli ma il padrone che ha denunciato la malefatta. La
stessa logica valeva per la pedofilia, quando la colpa era di chi portava alla luce gli
episodi, e vale per la vicenda dai due giornalisti italiani.
Adesso il ciellino prestato alla Chiesa chiede di potere ‘fraternamente‘ incontrare
il Papa e chiarirsi. I ragazzi di oggi direbbero che la faccia di monsignore somiglia
ad altri siti anatomici, ma direi che nulla vi è da chiarire, se non ribadire che
Francesco è amato dal mondo e detestato dalla curia nonché da tutti quei
consacrati che vedono in lui un ostacolo ai loro piccoli disegni di potere, che certo
sopravvivranno al Papa argentino, almeno fino a quando il sistema di reclutamento dei
sacerdoti, i loro percorsi di formazione e le finalità dalla medesima non saranno
ripensati.

Domenico Barillà (dal suo blog)


Pubblicato

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *