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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Terzo incontro dei movimenti popolari in Vaticano. Leggi il racconto di chi vi ha partecipato

A proposito del terzo incontro dei Movimenti Popolari in Vaticano del 2-5 dicembre

 “Un clamore sordo si leva da milioni di uomini che domandano ai loro pastori una liberazione che non viene loro da nessuna parte” (conferenza di Medellìn)

“PAPA FRANCESCO, VERO LEADER DELLA SINISTRA?”

Milano, libreria Claudiana 25 novembre 2016

A proposito del terzo incontro mondiale dei movimenti popolari del 2-5 novembre 2016 in Vaticano, durante il quale 174 loro delegati, che rappresentano gli “ultimi” sulla terra, hanno discusso su come cercare di organizzarsi nei confronti del disordine costituito che regola i rapporti nel mondo tra i popoli e le classi sociali. Il 25 novembre scorso ne hanno discusso a Milano Silvano Piccardi di Costituzione e beni comuni, Vittorio Agnoletto, delegato all’incontro, Vittorio Bellavite di Noi Siamo Chiesa. Di seguito una trascrizione dei principali interventi a cura di Angela Colasuonno.

Vittorio Bellavite: L’incontro di stasera è per presentare e per discutere un fatto che è stato parzialmente ignorato dalla stampa. Eppure è un fatto tra i più innovativi del pontificato di papa Bergoglio. Poiché è uno dei più innovativi  è anche comprensibile perché sia stato silenziato. E’ stato organizzato all’interno, dal Vaticano. Io ho ricevuto come rappresentante del movimento “Noi Siamo Chiesa” una mail del cardinale Turkson, il responsabile del Servizio Sviluppo Umano Integrale, un nome nuovo in Vaticano , è la continuazione del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. E’ un cardinale del Ghana. Ho ricevuto per la prima volta in vita mia una comunicazione dal Vaticano, da 20 anni che mi impegno per la riforma della Chiesa cattolica. Ciò mi ha lasciato molto sorpreso positivamente ed ho approfittato del fatto che negli stessi giorni ci fosse una riunione del circuito internazionale di Noi Siamo Chiesa, una ventina di persone che vengono da tutta Europa, per portarle a questo incontro con il Papa. L’incontro è stato del tipo di quelli che si vedono in televisione, molto bello, ma non abbiamo potuto avere nessun contatto diretto, c’erano tremila persone, C’è in Vaticano un nucleo di persone che fa capo a questo settore e che è guidato da questo cardinale. Esso va nella direzione che Papa Bergoglio ha indicato  nella prospettiva di una analisi assolutamente nuova e spregiudicata della storia del mondo e delle aree di povertà, dei contrasti delle situazioni di sofferenza diffuse dappertutto. Volevo sottolineare e ricordare che rispetto all’ultimo incontro dei movimenti popolari, quello in Bolivia,  c’è la novità dell’enciclica Laudato Si che non è solo un documento ambientalista, si collega infatti  alla Evangelii Gaudium e, soprattutto nella seconda parte, dice delle cose rivoluzionarie per quanto riguarda i rapporti tra i popoli, i rapporti tra le classi sociali. La Laudato sì è stata molto al centro di questo incontro. Se noi pensiamo a come eravamo prima con  un Papa che parlava solo di relativismo, di questioni etiche  e di liturgia e che lasciava diffondere gli scandali e il malgoverno in Vaticano, ci rendiamo conto che non abbiamo torto quando noi, il nostro circuito progressista nella Chiesa, parliamo di “nuovo corso” anche se per  molti altri aspetti della vita della Chiesa Bergoglio è un tradizionalista.

Volevo fare una domanda aggiuntiva a Vittorio che è questa: ci puoi parlare anche del rapporto tra i  Movimenti Popolari e i Social Forum. Per noi è interessantissimo capire perché le tematiche sono abbastanza le stesse.

Vittorio Agnoletto:

L’invito del Card. Turkson

Comincio col raccontarvi come ho reagito quando mi è arrivata la lettera del Cardinale Turkson che mi invitava a partecipare a questi quattro giorni di incontro dei movimenti popolari dove si specificava che venivano invitate 180 persone da tutto il mondo, persone che hanno alle spalle esperienze o che hanno attualmente un ruolo di leadership nei movimenti sociali. La lettera era estremamente precisa, essa diceva “vogliamo parlare di coloro che sono emarginati, che si son messi ai lati di questo modello economico e sviluppo, capire come si organizzano” e terminava con “l’augurio che dopo questi quattro giorni ciascuno di voi nel proprio paese possa continuare questo suo impegno”. L’invito diceva: “non è il nostro ruolo organizzare direttamente i movimenti ma potrete trovare in noi comunque una sponda, un punto di riferimento”. Quando mi è arrivata questa lettera, io sinceramente, siccome c’era il nome di Turkson, tutti gli stemmi della Santa Sede ho pensato che era qualcuno che mi aveva fatto uno scherzo. Quando poi mi ha chiamato “Libera” proponendomi di partecipare a questo incontro all’interno della sua delegazione ho capito che la cosa era vera, non era una invenzione !! Nella lettera il tema era: promuovere il protagonismo degli esclusi nella lotta per la terra, la casa e il lavoro. Le tre parole chiavi scelte dai partecipanti durante il primo incontro come slogan del percorso. Nella lotta per la terra, la casa e il lavoro creare occasioni di dialogo e di scambio fra le organizzazioni e i movimenti popolari a livello internazionale e fra questi con movimenti e le organizzazioni nazionali e regionali stimolando l’avvio di processi locali; e così contribuire alla realizzazione di cambiamenti strutturali di cui il mondo necessita secondo le proposte che Papa Francesco enuncia nella Evangelii Gaudium e nella Laudato sì. E poi rafforzare il dialogo e la cooperazione tra la Chiesa a livello mondiale, nazionale e regionale e le organizzazioni popolari di qualunque natura e non solo ecclesiali. E’ un invito estremamente preciso.

I partecipanti all’incontro

Seconda questione: sono arrivato in questo posto dove si faceva la riunione, entro nella sala e veramente se non avessi ricevuto la lettera avrei creduto di essere ad un incontro del Social Forum, perché le pareti erano tutte completamente circondate da manifesti di via Campesina, della Cut, delle organizzazioni popolari argentine, quelli che raccolgono ciò che la gente butta via e poi la usano per riciclare ecc, documenti contro le multinazionali, documenti sulla giustizia sociale in Africa,  manifesti in favore del popolo curdo, il clima era quello. E, senza esagerare, conoscevo almeno metà dei partecipanti, nel senso che erano quelli che partecipano ai social forum e molti di loro fanno parte del consiglio internazionale dei social forum. Per capirci vi partecipava Vandana Shiva, Mujica, che  è stato il Presidente dell’Uruguay ma anche  guerrigliero. E poi tanti altri che animano le lotte tra cui Juan Pedro Stedile che, nel panorama brasiliano attuale, è sicuramente, delle grandi organizzazioni sociali brasiliane, la più radicale. Queste presenze erano assolutamente presentate come una cosa normale. Quando poi un vescovo dice (si parlava di emigranti): “non è che basta ascoltare e parlare, io volevo sperimentare queste cose” e spiega che, vestito da emigrante, ha attraversato il confine tra Messico e Stati Uniti e lì sparano. Quando alla presidenza si vedono Mujica, il cardinale Turkson e Ignazio Ramonet, fondatore di Le monde diplomatique che coordinava il dibattito, si poteva pensare benissimo che potevamo essere assolutamente al social forum. Tra l’altro mi raccontava Antonio Pacor di Milano che era lì per seguire la comunicazione,  è quello che segue ufficialmente la comunicazione per il forum sociale mondiale. Egli ha intervistato il cardinale e gli ha chiesto: “è un passo enorme quello che la Chiesa sta facendo, è una grande novità”. E lui dice: “certo, però non è che c’è molto di nuovo, queste cose sono state dette per esempio nella teologia della liberazione”. Ma  la teologia della liberazione non abitava esattamente in Vaticano e non era portata avanti dal Papa. Quindi in questo scenario ti aspetti anche le domande scomode. Per cui se dai la parola ad un attivista che lotta per la casa nel nord est dell’India, quello ad un certo punto, dice apertamente (con il cardinale che prende appunti), “io chiedo che almeno il 2% del patrimonio immobiliare della Chiesa sia messo a disposizione di coloro che non hanno case”. Oppure dopo aver fatto parlare un attivista dell’associazione del Congo che fa una spiegazione interessantissima su come la stragrande maggioranza dei conflitti in Africa hanno dietro la Cina e gli Stati Uniti e che la partita è ovviamente sulle grandi risorse economiche, questo, applaudito da tutti, parla della terra e poi si gira verso il cardinale e gli fa: “però i vostri vescovi che sono in Congo sono dei latifondisti. Noi chiediamo che rinuncino alla terra”. E’ stato un dibattito in grande libertà.

Terra, casa, lavoro

Tre temi: terra, casa e lavoro, (tre “T” in brasiliano) e con l’aggiunta del tema, come sfondo, quello  della democrazia come partecipazione dal basso e poi la questione migranti. Per rimanere ancora sullo scenario: l’associazione per la casa, l’associazione che ha introdotto i temi, è l’associazione degli abitanti a livello mondiale chiamata così che  aveva fatto tre settimane prima la propria conferenza internazionale a Quito dove c’erano 19 esperienze di grandi occupazioni di case, erano state sgombrate dalla polizia e la mattina dopo in 600 avevano rioccupato. Sapevano tutti chi avevano invitato a tenere lì la relazione. Altri segni che in questo contesto hanno un senso importante: è stata non votata ma firmata (quindi ognuno ha messo la firma), una mozione in solidarietà col popolo curdo, in cui vi sono parole estremamente pesanti verso Erdokan. Questa mozione è stata presentata tra gli applausi di tutta la sala. Nella sala  eravamo 174, quelli  che avevano accolto l’invito e poi c’erano dei religiosi, qualche cardinale, qualche vescovo, qualche prete, qualche suora che applaudivano come applaudivano gli altri. Anche nell’incontro pubblico di sabato, questi aspetti erano molto presenti. Per esempio le canzoni, due ore prime del discorso del Papa, sono state intramezzate da video su singoli temi (terra, casa e lavoro) realizzate dalla Santa Sede in cui facevano vedere immagini di tre minuti e il Papa che parlava nel video, la sua voce e la sua figura rimanevano sullo sfondo. Per esempio quello sulla terra: fanno vedere i contadini che lavorano, viene detto che loro svolgono il lavoro più importante con alcuni richiami biblici, il Papa che parla e poi dice: il vostro lavoro deve essere remunerato, sottratto ad ogni forma di speculazione e poi appaiono le immagini di Wall Street. L’hanno montato loro. Una delle ultime canzoni prima dell’entrata di Francesco nella sala, il prete che coordinava a nome della S. Sede l’incontro dice: adesso ascoltiamo una canzone che è una canzone dei partigiani curdi. I partigiani curdi nel loro contesto non dispensano solo carezze, sono in una situazione pesante, tragica, di conflitto. E poi una parte di quelli che venivano da fuori, di quelli che avevano partecipato ai quattro giorni, sono stati messi a cerchio dove era seduto il Papa e tra questi c’era Vandana Shiva, indipendentemente da qualunque aspetto religioso. Nella  prima fila, da un lato c’era un Sindaco con delle persone disabili, nell’altra prima fila c’erano una quindicina di sedie non di più, cardinali, vescovi, Don Ciotti e Mujica.

I temi

I temi. I temi sono stati affrontati nei quattro giorni alternando la  plenaria coi lavori di gruppo. Con grande chiarezza, pane al pane vino al vino. Quando si parla di terra si parla esplicitamente di lotta, di latifondi, di occupazione delle terre. Quando si parla di lavoro, si parla di garanzie, di salario, dell’attacco durissimo alla speculazione finanziaria. Tutto ciò si può leggere negli atti, il discorso finale del Papa riprende questi temi  sempre in questa logica perché per esempio non si limita a parlare di accoglienza dei migranti perché dice non solo: “queste cose voi le fate, ci sono associazioni che si battono per i diritti e l’accoglienza”. Ma anche  quello che dice è: “bisogna cambiare i meccanismi che producono questa situazione”. Verso la fine dice: “questo sistema atrofizzato è in grado di fornire alcune protesi cosmetiche che non sono vero sviluppo. Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati, delle speculazioni finanziarie e aggredendo le cause strutturali dell’iniquità, non si risolveranno i problemi del mondo, e in definitiva nessun problema. L’iniquità è la radice dei mali sociali”. Al punto di chiudere con una modalità, che può sembrare provocatoria: “fate solidarietà, accoglienza, benissimo siete tollerati. Ma dovete fare il salto nella politica”, Dice questo dopo aver detto tutto il male possibile dei vizi e dei limiti che la politica ha oggi e degli interessi personali.  Dice ancora: “fino a quando fate questo siete tollerati, quando passate nella politica invece sarete meno accettati. Però è questo il passaggio da fare”. La ricerca delle cause, la richiesta che ci sia organizzazione, che ci sia lotta e non fermarsi alla solidarietà e all’accoglienza mi è sembrato un passaggio che va molto oltre quella che è stata la dottrina sociale della Chiesa anche nei tempi migliori. La mia impressione è che Francesco ha scelto di prendere sulle spalle il destino dell’umanità, non il destino della Chiesa. Dentro il destino dell’umanità lui colloca il destino della Chiesa perché tutti i temi affrontati sono stati tutti temi che guardano al destino del pianeta e al destino dell’umanità. In quattro giorni di seminario non c’è stato una volta un accenno a come può migliorare la situazione della Chiesa. No. La discussione era sul mondo, i popoli e le persone. Quindi qualcosa che va al di là della dottrina sociale e che si porta dentro una enorme preoccupazione per il futuro. Tutto ciò a mio parere in uno scenario molto diverso per esempio da quello di Giovanni XXIII. Cioè non c’è un mondo che spinge verso la democrazia, la partecipazione, i movimenti di massa che spingono i limiti istituzionali più in là e soprattutto non c’è un gioco tra due schieramenti entro cui un Papa può da un lato mettersi in posizione intermedia  o dall’altra parte appoggiarsi ad uno per criticare quell’altro. No, è una figura che va sullo scenario dei potenti del mondo (potenti in termini anche di immagine) in totale solitudine. E’ venuto qualche giorno prima della elezione di Trump ma non è che ha mai citato la Clinton. Quando critica la finanza ecc. viaggia totalmente da solo, e qui mi permetto anche di esprimere alcuni limiti. Francesco  ha fatto dire al card.Turkson, che ci sarà a breve un quarto incontro dei movimenti sociali: l’anno venturo. Dove si vuol fare? Negli Stati Uniti, nel sud degli Stati Uniti, verso il muro perché il problema è il muro col Messico. Quindi non è che ha detto  “lo facciamo da qualche parte con grandi movimenti, no, no dice “lo facciamo lì perché questa è una delle vergogne”. Quando il papa  ha annunciato in chiusura  una riorganizzazione del dicastero e  che il cardinale Turkson assumerà un ruolo più importante con altri settori, ad un certo punto ha detto: “la responsabilità sull’immigrazione, in questo momento, me la prendo direttamente io. Risponderanno direttamente a me, data la situazione drammatica, di emergenza”.

I partecipanti sabato 5 novembre, solitudine di papa Francesco?

Gli aspetti invece che lasciano un po’ a desiderare a mio parere sono altri e non riguardano Francesco, riguardano quelli che gli stanno attorno. Mi dicevano i brasiliani che avevano partecipato al primo incontro due anni fa che allora, nei giorni di discussione, c’erano tra i venti e trenta prelati di alto rango del Vaticano o cardinali o vescovi; a questo terzo incontro non hanno partecipato più di dieci ai quattro giorni di lavoro, non parlo di religiosi ma di persone che hanno questi ruoli alti nella struttura della Chiesa. A meno che fossero confusi tra il pubblico, ma non credo proprio; più o meno lo stesso numero, sono quelli che hanno partecipato all’udienza generale. L’impressione è un po’ quella di una solitudine di Francesco anche dentro la struttura. Poi, dopo la lettera ufficiale, prima dei quattro giorni ci era arrivata un’altra lettera, questa volta firmata da Stedile dei Sem-Terra che diceva: “vi scrivo a nome di Papa Francesco. Egli , oltre ad organizzare il seminario di 4 giorni cui già sai perché ti è arrivato l’invito,  vorrebbe organizzare un incontro nella aula Paolo VI di 7.000 persone con i 180 che hanno partecipato al seminario.  Ci chiede però di verificare con i movimenti italiani se c’è la possibilità di fare una audizione di 7.000 persone di questo tipo”. E lì si è cominciato a discutere, a mandare e-mail a destra e sinistra e infine si è deciso di sì. Però c’erano 3.300 persone, non ce n’erano 7.000. Qui io esprimo una mia riflessione personale. C’era “Noi Siamo Chiesa”, c’era il gruppo Costituzione Beni Comuni, che non è un gruppo di affiliazione religiosa, c’era il comitato No TTPP di Roma che ha modificato l’organizzazione delle proprie iniziative di quel giorno per poter essere presente. Non si sono mossi le grandi organizzazioni cattoliche. Io non ho visto una mobilitazione delle ACLI, non c’era una mobilitazione neanche delle parrocchie romane. Non sono un esperto di diplomazia vaticana ma lì un messaggio è arrivato. Poi chi coordinava dice: siamo 3.300 ma io avevo una lettera in cui si chiedeva di riempire con 7.000 persone. Vi hanno giocato aspetti probabilmente diversi: da una parte la difficoltà di coinvolgere movimenti laici o che nulla hanno a che fare con la religione, che verso il Vaticano e la Chiesa hanno delle distanze maturate e, direi non a torto, in tanto tempo, in decenni. E quindi ha pesato questo. Ma dall’altra parte ha pesato che il  mondo cattolico ufficiale, parlo di quello progressista ovviamente, non ha ritenuto che questa chiamata sui movimenti sociali li riguardasse. E non l’hanno neanche ritenuto importante altre associazioni che non sono marcatamente per definizione di ispirazione religiosa ma che troviamo in tanti progetti di lavoro del sud del mondo. Anche per loro il problema non è solo la cooperazione ma è modificare le strutture. Ecco questo non è un bel messaggio. Da solo contro tutti è difficile, le difficoltà di questo  messaggio di papa Francesco sono evidenti.

Il silenzio stampa

Ultima riflessione che volevo fare. Vi racconto l’esperienza che ho avuto io quando sono tornato dall’incontro. Ho scritto un articolo e l’ho mandato in giro con la mia newsletter. Chi ha risposto, ha ringraziato ed era molto contento. L’ho messo su facebook e le risposte erano 9 a 1 positive. Pochissimi invece dicevano: “adesso tirate fuori Francesco, cosa c’entra? La Chiesa deve rinunciare all’8 per mille ecc. ecc..” L’ho pubblicato sul mio blog del “Fatto Quotidiano” e me ne sono piovute addosso da tutte le parti e sia da parte del metodo di chi legge ed interviene sul blog altrui, sia da posizioni che io definirei iperlaiciste: “lasciamo perdere il Papa, la Chiesa che ha fatto per millenni? ha fatto questo, questo, tutta la lista che conosciamo: gli emigranti se li porti a casa sua”. Ci sono posizioni anche di questo tipo. Allora questo mi ha fatto pensare che forse a sinistra qualcosa si comincia a smuovere e a capire la partita che è in quell’incontro. Per quanto mi riguarda non si tratta di dire che adesso siamo diventati tutti “papisti”. Poi possiamo fare un’altra lista di cose su cui col Papa ci separano tantissimi punti di vista, tantissime affermazioni. Né si tratta di far finta di non conoscere tutta la storia della Chiesa. A mio parere si tratta però di aver presente che anche lì dentro c’è uno scontro molto forte e che chi rappresenta la Chiesa nella sua unità, cioè il Papa, sta assumendo posizioni che sono di rottura forte con il passato. E questo viene colto. Nella conferenza stampa finale dei quattro giorni c’era Mujica, c’era Adista, cioè l’agenzia progressista del mondo cristiano e il Manifesto. E poi c’era il “Diario” di Buenos Aires, alcuni giornali nord americani che hanno fatto delle domande e c’erano i due giornalisti che hanno seguito i quattro giorni. Poi l’Avvenire ha fatto un articolo prima e dopo. Basta. Gli altri giornali non potevano ignorare l’udienza ed hanno scritto dei pezzetti, recuperato frasi che hanno fatto il giro delle agenzie: “non è possibile che si trovino i soldi per la finanza e non si trovino i soldi per i migranti”. C’è un problema dentro la Chiesa, nella Chiesa, anche italiana e c’è un problema grosso nei media, nell’establishment perché hanno ignorato qualcosa per cui i loro colleghi sono venuti da tutte le parti del mondo per raccontare quello che sta accadendo e quello che sta dicendo il Papa e credo anche che su questo sia interessante riflettere per la nostra realtà. Ecco io sono tornato sapendo che su questi temi sociali oggi abbiamo un alleato in più che può condividere tutto quello che i movimenti portano avanti e che guarda in questo orizzonte. E questo elemento è diventato ancora più importante pochissimi giorni dopo quando le elezioni americane sono andate nel modo che sappiamo.

Vittorio Bellavite: Grazie Vittorio, interviene Silvano.

Silvano Piccardi

Sul terrorismo e sulla finanza

Io sono stato a Roma solo nell’ultimo giorno, quello dell’udienza dei 3.300 forse 3.700. Il problema dei curdi, come è stato affrontato, è stato veramente un momento particolare. Poi per quanto riguarda il resto, la sostanza l’hai detta tutta Agnoletto. A me ha colpito moltissimo nell’intervento del Papa il discorso sul terrorismo. Non so se tu hai fatto riferimento a questa parte del suo intervento, prima che arrivassi io, lo vedrete  nella documentazione. Il papa dice che i popoli non sono terroristi, i poveri non sono terroristi, le religioni non sono terroriste, ci possono essere matti ma i terroristi veri sono quelli che hanno in mano i grandi poteri. Il terrorismo di Stato è una affermazione che a me ha fatto gelare il sangue nelle vene perché non lo dice nessuno. Infatti noi commentavamo, se va al congresso del PD e dice queste cose chiamano la Polizia e lo cacciano via. Questo è un discorso che ha dei risvolti molto particolari. Poi lo riprenderemo anche più nei dettagli. Anzi ci sono delle novità rispetto a quello che accennavi tu. C’è stata la difesa dei movimenti, degli uomini che sono in conflitto con i grandi centri di potere finanziari ecc. ma anche la difesa dei diritti della madre terra. C’è una cosa che non è semplicemente simbolica, è un problema che ormai riguarda tutti. Non è un ecologismo generico, è  l’idea che l’uomo possa aver un rapporto con il carattere produttivo della terra in forme che non hanno niente a che vedere con la grande speculazione terriera, con le produzioni intensive ecc. per cui l’uomo e la natura possono ancora trovare una possibilità di rispetto e di creatività comune. Questo è anche un altro fattore di chi prospetta non soltanto un “no” a un sistema di sopraffazione ma che indica anche dei possibili percorsi alternativi sul piano delle strutture produttive. E’ vero che nella dottrina della chiesa c’è sempre stata l’avversione al potere del denaro per cui infatti, non a caso, la gestione della finanza era stata affidata ai ghetti ebraici da sempre. Salvemini diceva: “uno dei motivi della carenza di sviluppo del capitalismo era proprio questo; cioè appena un proprietario terriero, un borghese, accumulava in Italia denaro, investiva nella proprietà terriera anziché sviluppare l’industria e il commercio e la finanza”. Ora, dice il papa, la crisi del comunismo è stata talmente forte che recuperare questa forma arcaica di anticapitalismo può essere una astuzia diabolica. Diabolico è un ossimoro interessante, quello del gesuita argentino. Questa è una domanda che attraversa i laicisti però è certo che oggi queste cose lui le dice, pratica questo tipo di esperienza e di proposta e che, secondo me, è quindi una presenza unica con cui dialogare. Dialogare non nel senso che ci dialogo io o qualche laltro, ma i movimenti. Non ci sono soggettività politiche di nessun tipo. Giustissimo quello che tu hai detto. Ai tempi di Giovanni XXIII c’era Kruscev e c’era Kennedy, c’erano delle trasformazioni nel mondo che inducevano a sperare, infatti poi è arrivato il ’68, e inducevano ad immaginare una presenza della Chiesa un po’ meno conservatrice, meno rigida di Pio XII che era rimasto fermo  contro il pericolo comunista. Il discorso che viene avanti adesso è assolutamente controcorrente rispetto ai poteri costituiti. Se pensiamo a Wojtyla che va in Sud America e praticamente rinnega tutta la teologia della liberazione e va ad incontrare Pinochet, si avverte una differenza impressionante. Una ultima cosa voglio dire sulla stampa. Mi ha colpito molto l’intervista di Scalfari poco tempo dopo. Scalfari fa una doppia pagina su Repubblica. E’ quella roba che mi fa arrabbiare proprio visceralmente. Dico arrabbiare per essere perbenista nel linguaggio. Prima di iniziare la pubblicazione dell’intervista fa tutto un pistolotto per giustificare il fatto che voterà sì. Che cosa c’entrasse il pistolotto sul sì in relazione con l’intervista che avrebbe fatto poco dopo al Papa sui quattro giorni, sugli elaborati che ci sono stati, sulle conclusioni, sui movimenti, sulla presenza di Mujica, su tutta la contraddittorietà imponente che c’è dentro questa esperienza. Non dice niente, fa una conversazione come fra due vecchi amici che prendono il thè, giustificata dal fatto che secondo lui Francesco continua a telefonargli perché vuole incontrarlo e vuole farsi intervistare dal Papa laico. Ora io sono rimasto basito. Siamo a livello di qualunquismo intellettuale, perché tu non puoi, di qualunque tendenza tu sia, non cogliere le novità e valorizzarle o svalorizzarle, ma dille le cose. Invece la cosa impressionante per me, in questo periodo della stampa e della televisione, è la coltre di silenzio. Cioè quello che non è dentro i canoni prestabiliti viene ovattato da una coltre di silenzio. E questo mi sembra molto significativo in un’epoca non facile che ci sta davanti.

Vittorio Bellavite: Grazie, Silvano. Credo che sia utile fare un po di domande. Fate un po’ di domande e poi Vittorio continua nell’analisi.

Seguono molte domande

Replica di Vittorio Agnoletto

“Organizzatevi”

C’è da parte di papa  Francesco l’individuazione precisa, precisissima dei potenziali soggetti collettivi del cambiamento. Ci si  è sempre riferiti,  lui e chi per lui nei quattro giorni, a soggetti collettivi come movimenti. C’è  una parola, che troverete negli atti del primo e secondo incontro e che si continua a ripetere, è: “organizzazione”, “organizzatevi”. Quindi qui c’è veramente un salto, non solo un insieme di parole generiche sulla  giustizia,  e poi ognuno vede un po’ come fare. Individuando quei soggetti sociali egli sa anche chi sono gli avversari di quei soggetti sociali. Contro chi lottano quei soggetti sociali perché se parla di organizzazione e di lotta, la lotta la fai per modificare qualche cosa e quindi hai degli avversari. Questo è un punto fondamentale che in tutti i suoi discorsi sul sociale ritorna. La questione è complicata, perché? Noi al G8 di Genova abbiamo avuto la partecipazione dei missionari e questi c’erano anche all’incontro di questi quattro giorni e poi c’erano anche sabato 5 novembre. Da sud verso il nord alcune cose sono immediate e vengono colte. Poi c’erano alcune organizzazioni del mondo cattolico con le loro spaccature. Le ACLI con le loro spaccature e c’era un pronunciamento di alcuni pezzi della Chiesa. Non c’era stato allora un pronunciamento ufficiale del Vaticano o del Papa, assolutamente. Però ci sono dei fili rossi interessanti. Sono stato chiamato in Vaticano nel 2001 (non dalla Cei). Allora mi chiesero di mantenere la riservatezza e io mantenni la riservatezza, fui chiamato dalla Caritas Internazionale (non dalla Caritas Italiana) per un pomeriggio durato non meno di due ore. Mi hanno sottoposto ad una serie di domande di cui non avete idea. Eravamo dopo il Forum di Porto Alegre, volevano assolutamente riuscire a capire dove andava questo movimento, come era composto, quali erano le potenzialità, se aveva dei cappelli ideologici o punti di riferimento ideologici già definiti e quali potevano essere gli sviluppi, continente per continente . E’ interessante questo fatto perché testimonia che un pezzo di Chiesa un rapporto con questo movimento l’ha sempre tenuto. Dopo quel colloquio, non credo solo per il colloquio con me, probabilmente era una parte di tanti passaggi che loro avevano deciso di fare, arriva al Consiglio del Social Forum Mondiale la domanda ufficiale della Caritas Internazionale di poter partecipare al Consiglio Internazionale come osservatore. Domanda che viene accettata. La novità è che mentre era allora la Caritas Internazionale, nella almeno formale indifferenza del Vaticano in quanto tale, ora, invece, è il Papa direttamente che prende in mano questa situazione e che in una situazione di bassa marea di movimenti, se ne fa stimolo. Allora c’era una fase alta di movimenti e quel pezzo di Chiesa voleva capire come relazionarsi, come collocarsi e che potenzialità c’erano. Ora al contrario c’è una bassa marea di movimenti e c’è un Papa che stimola, dice in sostanza “c’è bisogno di voi sullo scenario mondiale”.

Nessuna paura della politica

Quindi ci sono queste differenze e ciò si collega, a mio parere, con la domanda su cosa significa politica perché ognuno, e quindi anche Francesco, ha dietro la sua storia e la sua cultura. Quella di Francesco è latino-americana,  una storia di rapporto tra movimenti, forza politica e politica, diversa da quella che c’è in Europa o diversa anche da quella di altre parti del mondo. I movimenti sociali in America Latina hanno sempre pesato molto, sono sempre stati politicizzati e in alcune fasi hanno avuto per esempio dal 2001 al 2006/7 anche la capacità di modificare settori importanti della sinistra politica di quel continente, di svecchiarli culturalmente, di offrire altri orizzonti e anche di contaminarli. E d’altra parte  ad un certo punto, una delle relatrici presente, una brasiliana, chiude il suo intervento dicendo che in Brasile c’è stato un colpo di Stato istituzionale e la delegazione brasiliana prima di ritornare alla audizione col Papa mette i cartelli: “via l’attuale Presidente”. Se non fossero stati tollerati gesti di questo tipo, non ci sarebbero stati. La delegazione brasiliana non era lì così, casualmente a questo incontro. Credo che sia una richiesta di partecipazione politica collettiva. Ciò ha molto da dire a movimenti e soprattutto ad associazioni del nostro Paese. Che molte volte magari fanno cose egregie qui e nel sud del mondo ma con uno spazio ritagliato. Non puntano a cambiare la struttura, a fare politica in senso ampio. Questo è un limite molto diffuso qua da noi. Per il papa la chiamata è proprio un’altra, egli  dice chiaramente “se fate questo siete tollerati e va bene, ma io vi chiedo di fare un salto diverso”. C’è qualche altro passaggio che è interessante. Per esempio c’era una giornalista polacca, mancavano i giornalisti italiani, ma c’era una giornalista polacca.  Parlando con essa su cosa si rifletteva? E Wojtila cosa faceva? Era frutto del passato cioè guardava indietro, aveva in testa il mondo che c’era stato, il problema era la lotta al comunismo, ecc. ecc. Questo Papa queste cose non le nomina neanche. Lui guarda in avanti, la risposta che dà a Scalfari in quella intervista in cui gli chiede  “ma questo è quello che dicono i comunisti, siete vicino ai comunisti?”, e il papa risponde: questo è quello che penso io, che pensa la Chiesa, che pensa Gesù, se poi la pensano come me è un altro discorso. Cioè, è come dire “non mi buttate sulle spalle questi pesi perché non li prendo. Io ho un orizzonte che è davanti e  questo orizzonte è segnato dal rapporto con le organizzazioni, è segnato anche da altre questioni. Invita direttamente all’incontro Noi Siamo Chiesa e chiede di venire  esplicitamente Libera con la sua rete internazionale, che è la rete che è stata costruita in America Latina che non è soltanto contro la mafia, è una rete di lotta sociale che nella lotta sociale si contrappone al narcotraffico, alla mafia, alla criminalità organizzata ecc. quindi individua degli interlocutori molto precisi. Proprio attivisti sul terreno hanno raccontato la loro esperienza e quindi tutto quello che ne consegue, la speculazione, l’occupazione delle case ecc. Ci sono ancora due cose da dire: sulla questione del terrorismo non aggiungo nulla. La critica che tanti fanno a Bergoglio quando noi parliamo di queste cose è che è gesuita e quindi sa bene come gestire le cose e dove vuole andare. Io non ho la sfera per dire dove andrà. Quello che mi limito ad osservare è che, dicendo queste cose, sta già mettendo in moto alcuni meccanismi a livello globale che da soli stavano segnando una grande fatica. E nella situazione in cui siamo dico  che questo mi basta. E questo non l’abbiamo capito solo noi, lo hanno capito anche coloro a cui queste cose danno fastidio. Tanto è vero che non ne parlano, o quando ne parlano, dicono: “stai attento che qui stai andando in braccio al comunismo”. Basta leggere cosa ha scritto in questi giorni Socci. Ha scritto qualcosa che è ad un passo dal definirlo anti Cristo. E c’è un altro passaggio che mi sembra un po’ meno dentro la tradizione. Il papa se la prende frontalmente con tutti coloro che seminano e alimentano paura. C’è stata una presa di posizione molto chiara contro chi diffonde la paura per far sì che i movimenti stiano fermi, o in qualche modo siano disposti a rinunciare a qualcosa. Il papa ha fatto un attacco durissimo contro i seminatori di paura ed ha invitato a non fermarsi di fronte alla paura ma ad andare avanti. Questo mi sembra un altro aspetto innovativo che forse si può collegare anche ad alcuni discorsi che ha fatto dopo. Non c’è minimamente una visione oscurantista della punizione. C’è un liberate le vostre risorse, mettetevi insieme per cambiare la situazione.


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