QUALE È LA MALATTIA DELLA CHIESA MESSINESE?
di Citto Saija (da Il nuovo soldo 19 ottobre 2016 |
Dopo le improvvise dimissioni dell’arcivescovo mons. Calogero La Piana il 24 settembre 2015 ( è trascorso già un anno ), l’archidiocesi di Messina ha avuto ( strana anomalia ) ben due amministratori apostolici ( si legga commissari ).
Il primo è stato il vescovo di Acireale mons. Antonino Raspanti che, dopo poco tempo, ha lasciato l’incarico e subito dopo è stato nominato l’arcivescovo emerito di Taranto, il cappuccino mons. Benigno Luigi Papa.
Ancora oggi, la città dello stretto non ha un proprio vescovo né all’interno della Chiesa messinese vi è stato un serio dibattito per comprendere quale sia la malattia ( che certamente esiste ) della Chiesa di Messina, Lipari e S.Lucia del Mela.
I cattolici messinesi attendono un nuovo pastore che, al solito, secondo una prassi non evangelica vigente fino ad oggi nella Chiesa cattolica, arriverà come un prefett, con una nomina della congregazione vaticana dei vescovi, anche se formalmente verrà nominato dal papa.
L’attuale amministratore svolge le funzioni esteriori del vescovo, nominando parroci e amministratori parrocchiali, celebrando pontificali, partecipando a pubbliche manifestazioni come previsto dal cosiddetto Concordato, incontrando autorità e vigili urbani.
Forse incontrerà riservatamente i sacerdoti che certamente, da soli, non sono la Chiesa.
La Chiesa, come ci ricorda il Concilio,è il Popolo di Dio in cammino ed è composta soprattutto da laici e anche da preti.
La comunità ecclesiale è fatta da persone in carne ed ossa, dai membri della Chiesa, tutti partecipi del “regale sacerdozio” e in essa dovrebbe prevalere, in quanto comunità umana e terrena, una grande trasparenza e tutti i fedeli dovrebbero avere il diritto e il dovere di partecipare alla gestione della comunità come avveniva nella Chiesa primitiva e come ci ricordano gli Atti degli apostoli.
La Chiesa messinese, e non da poco tempo, è certamente una Chiesa malata e forse gravemente malata. Anche la Chiesa cattolica, come realtà umana, è espressione del malessere che opprime da anni la città e la provincia.
La nuova prassi teologica e pastorale che papa Francesco, tra tante difficoltà intraecclesiali, cerca di praticare, a Messina sembra non trovare adepti. Un laicato profondamente clericalizzato ( almeno quello che frequenta i sacri palazzi ) non riesce ad esprimersi autonomamente e con libertà e tanti cattolici ( anche sacerdoti ) che in privato esprimono critiche e “mormorazioni” sulla situazione della Chiesa cattolica messinese, colpevolmente tacciono, avallando quella assurda mentalità che la Chiesa è del vescovo e dei preti.
Penso con nostalgia alla Chiesa viva ( e anche conflittuale ) dei tempi di quello che mi piace definire il “più pastorale” vescovo della nostra Chiesa dei tempi moderni, il compianto arcivescovo padre Francesco Fasola che, come papa Francesco, guardava alle periferie territoriali e esistenziali e certamente non amava il mondano titolo di “eccellenza”.
Sarebbe stato certamente opportuno, alla luce della nuova ecclesiologia di papa Francesco, riunire, da parte dell’amministratore apostolico, nelle tre chiese cattedrali, il Popolo di Dio per discutere assieme i problemi della Chiesa malata.
Sarebbe stato e sarebbe anche un segnale positivo della volontà di rinnovamento se gruppi di laici e di sacerdoti e religiosi si incontrassero per almeno chiederesi quali sono i mali di questa Chiesa.
Invece vi è una cappa mefitica di silenzio (l’arcivescovo La Piana parlava anche di una cappa massonica ) che rende tragico e triste il paesaggio ecclesiale messinese.
Pullulano a Messina e dintorni gruppi fondamentalisti ( anche cattolici ), movimenti “ecclesiali” di tipo settario e non inclusivi, investiture ( promosse da preti o religiosi ) di variegati (sacri) ordini cavallereschi, preti bardati di rosso, “Misericordie” che si occupano di protezione civile che sarebbe competenza delle pubbliche istituzioni. Ho visto recentemente una giovane ragazza, certamente motivata, con un giubbotto militaresco con la scritta “Militia Christi-ordine dei templari”.
La vanagloria umana ha resuscitato perfino i “cavalieri del tempio”: un ordine di “monaci” guerrieri da secoli non più esistente.
Nel territorio dell’archidiocesi, in assenza di una vera guida pastorale adeguata ai tempi, nascono nuove “ devozioni” che nulla hanno a che fare con l’autentica religiosità popolare, apprezzata da papa Francesco.
La religiosità popolare, essenzialmente laica, è cosa diversa dal “devozionismo” di matrice prettamente clericale ed etero diretto.
Ed ecco allora risorgere una forma di spiritualità arcaica legata al culto sproporzionato ( pur legittimo ) delle reliquie.
A Messina si nota, negli ultimi tempi, un gran via vai di reliquie. Recentemente sono arrivate le reliquie di S.Teresa del Bambino Gesù e, nella parrocchia Portosalvo di Barcellona, sono addirittura arrivati i “capelli” e qualche frammento dello “zucchetto papale” di S.Giovanni Paolo II e ancora, a Messina, un reliquiario della santa polacca Faustina Kowalska.
Le cerimonie, con la partecipazione dei nuovi devoti che sono curiosi di vedere ossa, capelli e indumenti insanguinati, avvengono spesso alla presenza di cardinali e vescovi emeriti, usati quasi come sopramobili, e che invece, avendo più tempo, potrebbero dedicarsi, nei territori in cui vivono, a dare una mano nelle parrocchie e nelle attività pastorali.
Naturalmente nessuno pensa ad alimentare, ad esempio, il culto di S. Giovanni XXIII.
Sarebbe un fatto innovativo e conciliare, mentre il “polacchismo” serve a restaurare teologie e spiritualità arcaiche e conservatrici.
Intanto a Messina si attende il nuovo arcivescovo, sperando che sia direttamente il papa a nominarlo.
La Chiesa messinese ha bisogno di un bravo “medico” perché il virus è molto resistente, è vivo e vegeto da tanto tempo e la medicina, a mio modesto avviso, dovrebbe essere una Chiesa sinodale e autenticamente partecipata.
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