NOI SIAMO CHIESA
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Da cinque anni papa Francesco cerca di avviare un nuovo corso nella Chiesa. Le riflessioni di “Noi Siamo Chiesa” (vedi documento allegato)
Dall’inizio del suo pontificato papa Francesco ha modificato le priorità dei papi precedenti. L’analisi della realtà viene prima dell’affermazione della verità che con essa deve confrontarsi non usando risposte valide sempre e dovunque. Ciò ha significato un approccio al vissuto , alle sofferenze, ai peccati e alle gioie del credente e di ogni uomo di buona volontà fondato su una diretta e profonda empatia e su un messaggio di speranza e di misericordia. Il Vangelo prima del diritto canonico e il Concilio Vaticano II che oscura definitivamente il Concilio di Trento diventano le linee guida di papa Francesco.
Nella Chiesa egli è consapevole che la sinodalità debba essere praticata. Sullo scenario internazionale , predicando la pace fondata sulla giustizia e la nonviolenza come strumento permanente per affrontare i conflitti, egli è diventato il maggior leader morale del mondo. Le sue analisi sulla rivoluzione culturale necessaria per affrontare il neoliberalismo responsabile delle profonde disuguaglianze e sulla violenza che subisce la Natura sono i capisaldi di un nuovo corso che è espressione delle periferie del mondo, di cui Francesco si fa portavoce.
Di fronte alla difficile condizione dell’umanità di questo inizio del millennio Francesco ha fatto uscire dall’immobilismo i rapporti tra le Chiese cristiane e ha dialogato positivamente con ogni fede, in particolare affermando con forza l’incompatibilità tra la violenza e le religioni.
Per quanto riguarda la riforma della Chiesa l’azione di papa Francesco sta incontrando grandi resistenze, esplicite o nascoste. Il documento allegato mette a confronto i punti dell’appello dal Popolo di Dio del 1996 ( documento fondativo del movimento « We Are Church » di cui « Noi Siamo Chiesa » fa parte) con la situazione. La Curia viene riorganizzata ma il suo decentramento è frenato, il cosidetto C9 dei Cardinali si dimostra essere un organo troppo espressione del sistema ecclesiastico, il contrasto ai poteri economici interni alla Chiesa e alla sua stessa ricchezza procede ma con grandi difficoltà, una Chiesa povera e dei poveri è ancora molto lontana, la pedofilia viene combattuta ma questo cancro è troppo profondo , sulla condizione degli omosessuali nella Chiesa i passi in avanti sono solo relativi al fatto che l’argomento è ormai all’ordine del giorno, i divorziati risposati hanno trovato un inizio di vera accoglienza nella chiesa dopo i due sinodi, l’attitudine di papa Francesco nei riguardi del cattolicesimo critico è troppo guardinga.
Infine il testo di NSC fa un breve excursus sulla situazione della Chiesa italiana in relazione al nuovo corso di papa Francesco. Il consenso dell’opinione cattolica di base è ben noto ma molti Vescovi sono diffidenti , altri invece lo condividono. In generale si può dire che la guida dell’episcopato è in una fase di transizione, non si vede ancora una svolta . Papa Francesco sta dando un contributo importante al rinnovamento. Il suo evangelico discorso al mediocre incontro nazionale della Chiesa italiana del 2015 e le visite prima a Bozzolo e a Barbiana e prossimamnete a Molfetta e a Nomadelfia stanno indicando la strada con gesti molto significativi.
« Noi Siamo Chiesa » e il movimento internazionale « We Are Church » condividono il nuovo corso di papa Francesco, pregano per lui e continuano nel loro impegno per la riforma della Chiesa secondo le indicazioni e lo spirito del Concilio.
Roma, 10 marzo 2018 NOI SIAMO CHIESA
Allegato : Documento di Noi Siamo Chiesa sui cinque anni del pontificato di papa Francesco
Da cinque anni Papa Francesco cerca di avviare un nuovo corso nella Chiesa. Le riflessioni di « Noi Siamo Chiesa »
La riflessione sui cinque anni del pontificato di Francesco ci può aiutare a capire dove eravamo, dove siamo e dove vorremmo andare nel nostro percorso che vuole essere evangelico e che si impegna perchè la riforma della nostra Chiesa continui nella direzione dell’Appello dal Popolo di Dio del 1996. Un decennio dopo la conclusione del Concilio la guida della Chiesa si è irrigidita su linee direttrici che abbiamo giudicato insufficienti o addirittura sbagliate nella nostra azione dal basso per il cambiamento. Esse avevano come priorità soprattutto quelle della disciplina, della dottrina, di una morale unidirezionale (quella relativa alla sessualità), della semplice e immobile conservazione del deposito della fede, del difensivo contrasto al « relativismo » dopo la fine della cristianità, della gerarchia troppo definita dal nuovo Codice di diritto di canonico e dalla autorità semplificatoria del nuovo Catechismo, del controllo pedante e rigoroso sulla ricerca teologica, infine di una collocazione troppo « occidentale » e specificatamente europea sul grande scenario della geopolitica nel mondo. A fronte di tutto ciò il messaggio dell’Evangelo ha tuttavia in modo permanente ispirato fermenti, mobilitazioni, testimonianze, riflessioni che hanno costituito la vera ricchezza della Chiesa. E’ nata la teologia della liberazione mentre è decaduta l’ipotesi, diffusa nel secolo scorso, della riduzione o scomparsa della religione come diretta conseguenza della crescita della modernità in tutte le sue manifestazioni , comprese quelle di ispirazione marxista.
Le priorità di papa Francesco…
Papa Francesco, arrivato a guidare la Chiesa sull’onda della crisi nella gestione della Curia vaticana oltre che della diffusa consapevolezza della necessità di una nuova ricerca su come evangelizzare, ha capovolto le priorità di prima. I problemi dell’umanità, le sofferenze, quelle materiali come quelle spirituali, le periferie dovevano diventare le vere questioni per la Chiesa per trovare risposte comprensibili e credibili a domande di fondo sul senso della fede e sulla sua pratica nella vita del singolo credente e della comunità dei credenti. Per fare ciò l’analisi della realtà veniva prima dell’affermazione della verità che con essa doveva confrontarsi non usando risposte valide sempre e dovunque. Nella sua recente biografia intellettuale di Bergoglio Massimo Borghesi così sintetizza il suo pensiero: « ‘La realtà è superiore all’idea’ e ciò significa rifiuto di ogni ideologismo astratto, della riduzione gnostica che svuota il ‘Verbum caro’, di ogni estetismo-eticismo-formalismo, che dissociando il bello-bene-vero dalla loro esistenza reale rendono impossibile la testimonianza cristiana”. Così papa Francesco ha « scoperto » (nel senso di scoperchiato) il Vangelo, quello della libertà, quello che si occupa della « vedova e dell’orfano » e del samaritano, il Vangelo che non accetta i tanti « sabati » accumulatisi nel sistema ecclesiastico, il Vangelo della misericordia, il Vangelo del primato della coscienza. Questo approccio ha fatto coincidere , in modo immediato e naturale, il suo magistero con quello del Concilio Vaticano II che era stato coperto dalla polvere. Anzi papa Francesco, trascinato dalla realtà, è stato costretto a riferirsi a quello che noi chiamiamo lo « spirito del Concilio » che, andando oltre il Concilio, permette di affrontare situazioni nuove nella Chiesa e nel mondo e di proporre una « Chiesa in uscita ». In tal modo è la stessa immagine di Dio che viene presentata in modo diverso, non quella del giudice che include ed esclude e che indica una strada sempre obbligata ma quella dell’accoglienza, del perdono e della misericordia alla quale è stato dedicato un anno intero di riflessione e di preghiera. Questa lettura diversa del credente di fronte al mondo e della Chiesa di fronte al problema dell’evangelizzazione ha portato, in modo quasi naturale, papa Francesco ad affrontare il suo compito di guida della Chiesa in modo ben diverso da prima e, in alcuni casi, in modo addirittura capovolto.
…nella Chiesa… Papa Francesco si è trovato di fronte , in particolare in Vaticano e nelle strutture centrali, a una Chiesa spesso ricca di beni materiali, anche se questo aggettivo dà fastidio e viene poco usato. Francesco col nome che si è scelto e con i suoi primi discorsi ha iniziato a parlare di Chiesa dei poveri come fece papa Giovanni nel radiomessaggio dell’11settembre del 1962 di presentazione del Concilio. I suoi gesti, il suo modo di vita, il suo contatto col popolo cristiano hanno subito umanizzato la figura del papa ed hanno assunto un alto valore simbolico, stante la situazione di segno ben diverso che si era invece consolidata nel tempo. Poi la Chiesa non doveva più presentare solo « dogane da passare ma doveva essere un ospedale da campo », espressione felice che indica la sua collocazione dalla stessa parte di Gesù di Nazareth coi lebbrosi, con la prostituta..…E’ stata la scelta di un magistero tutto pastorale. L’altra scelta di papa Francesco è stata quella di pensare a un processo di cambiamento fondato su un cammino comune. Di qui il rilancio della sinodalità (di fatto dimenticata dopo il Concilio) e la proposta di una Chiesa non come una piramide ma come un poliedro con tante facce in un corpo unico e quindi con prassi pastorali ed organizzative anche diverse tra di loro. Francesco usa spesso uno stile magisteriale fondato sulla critica delle prassi presenti nella Chiesa. Propone correzioni, anche sostanziali, perchè siano comprese e fatte proprie con un processo di presa di coscienza dai tempi necessariamente lunghi. Ma non mancano prese di posizione molto dure, per esempio nei confronti della Curia, nei confronti del clericalismo, che non hanno precedenti e che segnano un punto di separazione rispetto alle logiche dei circuiti romani e dell’apparato. Per tanti altri aspetti della vita della Chiesa, quelli, per esempio, relativi alla cosidetta religiosità popolare, alle strutture e a molti riti papa Francesco ha accettato l’esistente. Forse vi si trova a suo agio, forse non vuole intervenire su aspetti importanti della vita cristiana di cui vede soprattutto gli aspetti positivi. Noi vi vediamo anche gli aspetti negativi, come nel sistema della proclamazione dei santi e delle devozioni conseguenti. Abbiamo espresso una opininone negativa sulla santificazione di papa Giovanni, di papa Wojtyla e di papa Montini . Ciò ha significato infatti una specie di santificazione del papato in sé. Papa Francesco ha sbloccato la procedura canonica per la santificazione di Mons. Romero che però era ed è già santo da sempre nel sentimento diffuso del popolo cristiano.
…nel mondo… Ancora più di quanto non abbiano fatto papa Giovanni nella Pacem in terris e Paolo VI nella Populorum Progressio papa Francesco ha analizzato e denunciato quale è la situazione sociale e politica nel mondo in tante occasioni , a partire dagli interventi fatti negli incontri dei movimenti popolari da lui stesso promossi. Le sue parole contro il neoliberalismo, per una « coraggiosa rivoluzione culturale » sono state senza diplomazie e sono state ripetute con costanza in molti momenti del suo pontificato. I suoi giudizi, per esempio quello di « guerra mondiale a pezzi », sono entrati nel circuito mediatico e politico di tutto il mondo. I suoi interventi a favore dei migranti sono stati esemplari e frequenti. Francesco agisce sulla scena mondiale come leader non europeo ; ciò gli permette un ascolto ovunque. Egli ha ormai fatto visite in tutto il mondo, ha soprattutto cercato le periferie (per esempio il Myanmar, il Bangladesh, la Repubblica centroafricana ecc…) ed è alla vigilia di un passo storico, quello di un compromesso con la Repubblica Popolare cinese sulla nomina dei vescovi. Francesco è considerato, un po’ dovunque, come portavoce dei valori profondi dell’umanità, come portavoce di chi non ha voce, è diventato il principale leader morale nel mondo. La sua autorità contro i poteri costituiti e le lobbies ha poi assunto una dimensione globale con l’enciclica Laudato sì che ha indicato la tutela del creato come impegno di ogni credente e di ogni religione e come prospettiva obbligata per la permanenza stessa e lo sviluppo della civiltà. Francesco poi , con « abilità di gesuita e semplicità francescana » (Andrea Grillo), riesce a interloquire a tutto campo coi poteri della terra (quelli stessi di cui denuncia le nefandezze) e a « accettare i piccoli passi, i processi lenti, l’autorità mondana, i colloqui, le trattative, i tempi lunghi, le mediazioni” (Antonio Spadaro). Proponendo la nonviolenza come il metodo con cui affrontare sempre i conflitti egli ha indicato una strada per niente scontata e molto spesso contraddetta nella storia della Chiesa e nella presenza dei credenti nella società e nella politica. In certe situazioni la sua autorità viene richiesta per interposizioni e contatti. Non sappiamo quanto avviene in canali riservati, quelli noti sono importanti (per esempio a Cuba e in Colombia). Questo ruolo inedito e terzomondista gli è reso facile e quasi necessario dal generale peggioramento della situazione internazionale, dalla grave condizione dell’ambiente, dal dominio dei poteri economici e finanziari sulla politica nel mondo che accresce le disuguaglianze e anche dalle persecuzioni nei confronti dei cristiani che hanno una crescita di tipo esponenziale.
…nell’universo cristiano. L’allentamento della rigidità dottrinale nella vita della Chiesa, la nuova emergenza del ruolo delle religioni anche con le loro derive fondamentaliste e la situazione generale del mondo più di prima grave per guerre, disuguaglianze e deterioramento dell’ambiente, sono le tre cause fondamentali che hanno in qualche modo preteso alla Chiesa cattolica un nuovo protagonismo per quanto riguarda i rapporti tra le chiese cristiane e tra le religioni e per quanto riguarda la riflessione su un’etica planetaria da proporre alle coscienze e ai comportamenti di tutti, credenti o non credenti o uomini in ricerca. Papa Francesco, con una visione globale dei problemi dell’umanità, sta dando un contributo importante. I suoi interventi sul rapporto tra religione e violenza, soprattutto in relazione all’Islam, hanno contribuito con la loro autorità a una proposta di migliore convivenza nei momenti drammatici vissuti in questi ultimi anni in Europa e in Medioriente a causa del fondamentalismo terrorista. Il problema è più che mai aperto ma la Chiesa, nella sua complessità, si trova ora collocata su una posizione che favorisce e non allontana la convivenza anche nelle situazioni dove le tensioni sono maggiori. I non pochi cristiani che soffiano sul fuoco dello scontro di civiltà sanno bene che la Chiesa non sta con loro. In coerenza con questo atteggiamento generale Francesco ha cercato ogni occasione per lanciare messaggi di dialogo e accoglienza. Un impegno particolare è stato quello del rapporto con le altre Chiese cristiane, dando nuovo impulso a un ecumenismo che si era quasi arenato. Non si è trattato del superamento di differenze teologiche troppo consolidate ma di atti di comunione e di dialoghi che hanno contribuito a creare in una parte importante del popolo cristiano un clima di fraternità, o perlomeno di convivenza, tra credenti di diverse confessioni che non è mai esistito in passato. Il momento principale di questo processo è stato l’incontro di papa Francesco a Lund coi vertici della Chiesa luterana il 31 ottobre 2016 dopo 500 anni dalle 95 tesi di Lutero. L’Eucaristia condivisa tra cattolici e luterani (e con gli altri membri delle Chiese evangeliche) non è stata ancora decisa ma in questa occasione se ne è espresso l’auspicio. Pensiamo che la cena del Signore tra credenti nell’unico Gesù di Nazareth ma di confessioni diverse deve precedere le controversie teologiche. Quanto ai rapporti con l’ortodossia essi hanno goduto di una condizione di privilegio nel recente passato ma ora un papa non europeo ha una credibilità e una libertà di interlocuzione che potrebbe portare a risultati più concreti. Il primo di questi è stato l’incontro di papa Francesco con il patriarca di Mosca Kirill all’Avana nel febbraio 2016.
Papa Francesco e la gestione centrale della Chiesa
A quanto si sa il mandato ricevuto da Francesco al Conclave contro le lobbies curiali, era quello di chiudere con la precedente gestione e, per molti dei cardinali della periferia, era anche quello di una svolta generale nel modo di evangelizzare.
Con la volontà di adempiere a questo compito, Francesco si è trovato di fronte, ai vertici, ad una Chiesa maschilista, troppo gerarchica, con responsabili, i vescovi, spesso selezionati non tanto per capacità e volontà pastorali quanto per la loro ortodossia, il loro controllo del « sacro » e la loro fedeltà alla struttura ecclesiastica . L’apporto delle donne, dei teologi, delle tante realtà dal basso dove i credenti operano per la liberazione era ridotto al minimo. Tutto ciò premesso, la scelta di avvalersi in primo luogo della collaborazione di alcuni Cardinali , il cosidetto C9, deve essere discussa. Esso infatti rappresenta l’apparato ; alcuni di essi si sono rivelati, in modo noto, addirittura inaffidabili (Pell ,Maradiaga, Errázuriz). L’assenza di rappresentanti dal basso del Popolo di Dio ha fatto ruotare tutta la discussione tra questi cardinali sulla necessità di una riforma dell’apparato centrale basata su efficienza e razionalizzazione . In questa linea sono andate le decisioni di accorpamento dei settori « laici, famiglia », dell’informazione e del settore « pace e giustizia ». Pensavamo che un processo di decentramento alle conferenze episcopali dovesse essere il primo passo, unito a un ridimensionamento dell’ipertrofica struttura centrale cresciuta molto dopo il Concilio con la permanente volontà di dare direttive all’universo cattolico e di controllare il più possibile piuttosto che di aiutare e di collaborare. Però due provvedimenti positivi di decentramento ci sono stati e si devono, a quanto si capisce, alla volontà diretta di Francesco (quello che affida ai vescovi la dichiarazione di nullità dei matrimoni in certe circostanze e quello che conferisce competenza sulle traduzioni in lingua volgare dei testi biblici alle Conferenze episcopali sottraendola alla Curia ). Un processo sinodale , per essere veramente tale, deve avere un quadro giuridico definito, anche iniziale o solo sperimentale, che dia voce a tutte le realtà di chiesa, dai cosidetti laici alle congregazioni religiose e soprattutto alla presenza femminile. Questo punto di grande importanza, aldilà di tante dichiarazioni di buona volontà, ci sembra quello sul quale, più di ogni altro, il nuovo corso di papa Francesco non ha ancora prodotto qualcosa di significativo.
IOR e beni della Chiesa, pedofilia del clero, divorziati risposati, omosessuali, area critica nella Chiesa
Durante la fase di stasi e di arretramento degli anni scorsi tanti problemi urgenti e diversi tra di loro si sono accumulati e tante erano e sono le attese perchè dal vertice della Chiesa essi siano affrontati con uno spirito nuovo. Papa Francesco ha cercato di affrontarli con pragmatismo e con successi alterni. Si tratta di questioni più che mai aperte ; almeno esse sono state poste e sono discusse, prima lo erano solo in ambiti ristretti e non ufficiali. Esaminiamole.
IOR, gestione dei beni e Chiesa dei poveri : incontrano grandi difficoltà gli interventi diretti per mettere sotto controllo l’Istituto per le Opere di Religione, l’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) e anche i dicasteri in modo da dare credibilità alla proposta almeno di sobrietà nella gestione e nell’amministrazione delle risorse (e ciò anche, negli episcopati, nelle parrocchie, negli ordini religiosi ed in enti di ogni tipo…). Ciò si può dedurre da quanto è noto, in particolare da notizie recenti. Si ha l’impresione che dopo aver fatto nei primi tempi dei passi in avanti con molta determinazione si rischia di scivolare all’indietro e che gli ostacoli di ogni tipo siano veramente duri da superare. Questo banco di prova della credibilità del pontificato non si addice molto al respiro spirituale e pastorale dell’attuale papa. Però Francesco ha volontà e tenacia, speriamo che esse bastino.
Per quanto riguarda la pastorale della famiglia, ci pare importante che Francesco non la ponga più come asse principale o pressoché unico della morale cattolica. L’Amoris Laetitia ha un respiro inconsueto e positivo. Sull’ammissione all’Eucaristia delle persone divorziate e risposate Francesco con due sinodi è riuscito faticosamente ad aprire al discernimento delle situazioni caso per caso. Il testo papale ha compiuto certamente un passo in avanti che rimane però in contraddizione col magistero precedente, dal Concilio di Trento a papa Wojtyla, offrendo in tal modo argomenti a quanti, appellandosi alla tradizione, si oppongono a questo nuovo orientamento.
Per quanto riguarda la pastorale nei confronti degli omosessuali e il giudizio sulla loro condizione papa Francesco non è riuscito , come probabilmente era nei suoi intendimenti, ad ottenere granchè. Però il problema è posto mentre solo dieci anni fa questa questione era ostracizzata anche nella base del mondo cattolico.
La questione dei preti pedofili e delle coperture ad essi concesse dai vescovi un po’ dovunque è un altro dei grandi problemi. Papa Francesco ha indubbiamente agito con determinazione , a parte l’incomprensibile recente infortunio relativo al caso Barros della diocesi di Osorno in Cile a cui egli sta però cercando una soluzione dalle caratteristiche autocritiche. Il fenomeno è talmente grave e diffuso che per Francesco esso sta diventando, più di altri, un segno indicatore se e di quanto lo Spirito sia veramente alle spalle del suo pontificato.
Un altro punto da esaminare e da capire è quello del rapporto di Francesco con l’area del cattolicesimo che prima era in sofferenza nella Chiesa, quella dei teologi e dei movimenti emarginati facenti parte del filone di riflessione che si è costantemente richiamato al Concilio e ai suoi necessari sviluppi nella direzione di una lettura del Vangelo non soffocata dal sistema ecclesiastico. La repressione non è continuata, il prefetto della Congregazione per la tutela della fede Gerhard Müller è stato finalmente licenziato ma dopo aver sollecitato e deciso la « scomunica » da parte del vescovo di Innsbruck della Presidente internazionale di We Are Church Martha Heizer, provvedimento al quale papa Francesco ci risulta sia stato estraneo. Riteniamo che la prudenza di papa Francesco nei contatti o in esplicite aperture verso questa nostra area di presenza nella Chiesa sia stata e sia eccessiva, anche se possiamo ipotizzare quanto forte sarebbe l’accanimento nei suoi confronti nel caso che esse avvenissero. Tra le nostre attese deluse c’era quella di un esplicita presa di contatto di papa Francesco con l’abate Giovanni Franzoni. Essa è mancata e il fatto ci addolora. Tra le nostre speranze c’è quella di un percorso che si avvii subito per la riabilitazione di Ernesto Buonaiuti. Noi abbiamo proposto un Appello che ha ottenuto molti consensi autorevoli. Un sola parola di papa Francesco potrebbe fare uscire dalla damnatio memoriae la personalità più rilevante del rinnovamento ecclesiale della prima metà del secolo scorso.
Francesco e la Chiesa italiana
Papa Francesco ha dimostrato dall’inizio una conoscenza dei problemi della Chiesa italiana che non può che essere la conseguenza delle informazioni di ottimi collaboratori. La sua partecipazione è stata generosa per visite e contatti e nell’immediata decisione di proporre ai vescovi di eleggersi il loro presidente. Si è stabilito così un rapporto particolare con una buona parte della base cattolica che è di tipo trasversale, senza differenze di orientamento culturale o politico. A quanto si capisce l’opinione diffusa dei vescovi ha invece molte sorde riserve nei confronti del pontificato, è l’ eredità di un personale ecclesiastico selezionato per lunghi anni a senso unico. Il ruolo principale che Francesco sta avendo è relativo alla nomina dei vescovi . Sono ormai molti quelli di nomina recente, alcuni eccellenti per sensibilità pastorale. Quindi le possibilità di un cambiamento ci sono, forse anche a breve ; il nuovo Presidente della CEI Gualtiero Bassetti ci sembra sia un passo in avanti rispetto a quelli che l’hanno preceduto. La continuità, con la conferma di Bagnasco fino a un anno fa alla presidenza dei vescovi, è stato un fatto che non abbiamo condiviso così come si è rivelato non all’altezza delle speranze suscitate per il rinnovamento interno Mons.Galantino alla segreteria della CEI. Il nuovo corso di papa Francesco non circola ancora nella gestione della Conferenza Episcopale, forse siamo in una fase di transizione. La questione della Chiesa povera non è all’ ordine del giorno, la denuncia del razzismo è debole, quella contro i poteri criminali è lasciata a importanti iniziative di singoli o di organizzazioni, il problema delle migrazioni è affrontato in modo attivo solo da diverse situazioni importanti. La Evangelii Gaudium e la Laudato sì ci sembra siano ben pocco all’attenzione della strutture di base (parrocchie, associazioni…) Mancano su tutte le questioni poste da queste due encicliche delle campagne di sensibilizzazione che invece sono state fatte contro le unioni civili e contro la legge sul fine vita. L’assenza di protagonismo in politica , di per sè positivo se confrontato con l’era di Ruini, non è compensato da interventi sui problemi ( come invece ha cominciato a fare, dopo anni di ubbidienza rigorosa, l’Avvenire su temi specifici, gioco d’azzardo, prostituzione, pace, migranti…). L’intervento più importante di papa Francesco è stato all’assemblea della Chiesa italiana a Firenze nel novembre del 2015. Egli vi disse : « non bisogna credere troppo nelle strutture, nelle proprie certezze, bisogna avere capacità di incontro e di dialogo”, “i cambiamenti sono sfide, non ostacoli”, “mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti” e via di questo passo sul potere, sul denaro ecc.. Questo messaggio è stato, con passione evangelica di alto livello, in contraddizione col sistema ecclesiastico e con le campagne gestite dalla Cei per lunghi anni. Le recenti visite alle tombe di don Mazzolari e di don Milani e quelle prossime a quelle di don Tonino Bello a Molfetta e di don Zeno a Nomadelfia sono un’indicazione esplicita delle ricchezze presenti nella Chiesa che sono state ignorate od addirittura emarginate per decenni. In questo modo papa Francesco colloca il suo pontificato dalla parte più evangelica del cattolicesimo italiano.
I sei punti dell’Appello dal Popolo di Dio
Per « Noi Siamo Chiesa » è importante, dopo i cinque anni del nuovo corso di papa Francesco, esaminare singolarmente a che punto sono le proposte dell’Appello dal Popolo di Dio del 1995, che è il documento ispiratore del movimento Internazionale We Are Church, di cui Noi Siamo Chiesa fa parte. Esse sono state ignorate e praticamente disattese per tanti anni ma ora la situazione è in movimento. Le forme di partecipazione dei battezzati alla vita della Chiesa, auspicate nel primo punto, potrebbero essere avviate. Non c’è più una posizione di sospetto o di contrarietà. Il Popolo di Dio della Lumen Gentium potrebbe divenire progressivamente protagonista nella direzione di una sinodalità che coinvolga sia la base che i vertici. Sulla nomina dei vescovi, che non dovrebbe essere decisa in modo assolutamente incontrollato dai nunzi e dal Vaticano, nessun passo in avanti è stato fatto . Però la selezione in negativo che è stata per decenni fondata sull’ortodossia dottrinale e sull’ubbidienza alla gerarchia è ora cambiata e le doti di sensibilità pastorale pare siano giustamente considerate. Al secondo punto il superamento della rigida distinzione tra « laici » e « chierici » è ancora tutta sulla carta, la partecipazione della donna ai ministeri ha visto solo l’istituzione di una Commissione di studio sul possibile diaconato. E’ veramente troppo poco. L’opinione favorevole all’apertura alla donna sta crescendo nella Chiesa e non potrà essere disattesa per tempi indefiniti. Sullo sfondo del riconoscimento pieno della presenza femminile sta la questione stessa di come i ministeri e i servizi (diakonia) siano presenti nella predicazione di Gesù e nella cristianità dei primi secoli. Al terzo punto la possibilità di celebrare l’Eucaristia in modi diversi non è stata considerata, ma essa viene praticata talvolta in situazioni locali per superare la rigidità dell’attuale liturgia sempre uguale dovunque nell’universo cattolico. La questione del celibato facoltativo dei preti di rito latino trova una sola possibile ma importante apertura nella prossima auspicata decisione sui « viri probati » al sinodo dell’Amazzonia nel novembre dell’anno prossimo. Per il quarto punto la questione dei divorziati risposati sta trovando, come abbiamo detto, una soluzione nella linea che ci aspettavamo mentre non viene presa in alcuna considerazione la riammissione al ministero dei preti sposati che lo chiedano. Sul quinto punto bisogna riconoscere l’apertura alla discussione sulla posizione degli omosessuali ma non molto di più. Nel rapporto di coppia viene riconosciuta la responsabilità personale ma le prescrizioni della Humanae Vitae rimangono in vigore. Papa Francesco non ha avuto fino ad ora sufficiente determinazione per prendere atto che questa enciclica non è stata recepita dal popolo cristiano ed è di fatto decaduta. Auspichiamo che ciò avvenga nel prossimo luglio a 50 anni dalla sua emanazione. Oppure questa scadenza potrebbe essere completamente dimenticata trascinando in tal modo con sè l’enciclica e i suoi divieti in modo che essa non sia più insegnata nei seminari e nelle facoltà teologiche. Il sesto punto che auspica una chiesa impegnata e credibile nell’azione « per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato » per quanto riguarda questo pontificato ci sembra che sia stato accolto .
Il nuovo corso deve diventare irreversibile
Il contrasto al magistero di papa Francesco, forte e diffuso, ha tante caratteristiche. Da una parte c’è quello esagitato dei siti Internet e dei social network privo di dignità ed isterico, dall’altra quello esplicito e argomentato che si appella alla tradizione e ai « valori », che chiede una forte presenza della Chiesa nello spazio pubblico e via di questo passo. Il contrasto più preoccupante è quello passivo, sordo, che aspetta che questa stagione ecclesiale passi. Esso è diffuso benchè la sensibilità del popolo cristiano, sia di quello più secolarizzato che di quello più tradizionalista, partecipi del nuovo corso. Pensiamo , speriamo che questo consenso continui e che crei le premesse perchè esso sia irreversibile. Con i suoi limiti l’impegno di « Noi Siamo Chiesa » va in questa direzione. Speriamo che lo Spirito contribuisca, con papa Francesco e con un nuovo protagonismo del popolo dei credenti, con le altre chiese e le altre religioni a una spiritualità che guidi il mondo sulle strade della pace fondata sulla giustizia e che si realizzino così la famosa esortazione e la famosa profezia di Isaia (1,16 e 2,4) « cessate di fare il male, imparate a fare il bene » e « spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro falci faranno lance, una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra ».
Roma, 10 marzo 2018 NOI SIAMO CHIESA
Testo di We Are Church Internazionale e di European Network Church on the Move sui cinque anni di papa Francesco
8 marzo 2018
Cinque anni dopo l’elezione di Papa Francesco (13 marzo 2018) We Are Church International (WAC-I) e la Rete europea Church on the Move (EN) sperano che Papa Francesco prosegua il processo di riforma della Chiesa cattolica .
. L’elezione del primo Papa sudamericano, che iniziò il suo papato chiedendo a tutti di pregare per lui, suscitò grandi speranze in molti cattolici, specialmente in quelli che erano stati frustrati dall’abbandono nella Chiesa della linea del Concilio Vaticano II, in cui essi avevano visto l’indicazione di una maggiore fedeltà al Vangelo e di una maggiore possibilità di evangelizzazione tenendo conto dei segni dei tempi. .
WAC-I e EN lodano Francis perché propone un modello di vita in solidarietà con i poveri, incoraggiando il dialogo all’interno e all’esterno della Chiesa, tentando di frenare l’abuso della ricchezza e del potere nella Chiesa e parlando in modo comprensibile a tutti. Tuttavia, molte delle sue riforme sono contrastate da funzionari della Chiesa nominati dai precedenti Papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. WAC-I invitano i cardinali , i vescovi e tutti i cattolici a condividere la visione di Francesco di una Chiesa che, nellaa sua gestione, seva il Popolo di Dio e il mondo.
WAC-I e EN si congratulano con Papa Francesco per la sua strenua difesa dei profughi e dei migranti, per il suo forte impegno per la pace fondata sulla giustizia nel mondo, per la sua proposta di usare la nonviolenza in ogni conflitto, per la sua presenza visibile tra le comunità emarginate, per la semplicità nella sua vita personale. Condividono pienamente il messaggio contenuto nella sua enciclica Laudato Si. Riconoscono il suo coraggio nel castigare e declassare vescovi e cardinali che ostentano ricchezza e nel proporre a chi guida la Chiesa un approccio pastorale e non burocratico nel ministero.
Apprezzano che il Papa si sia concentrato sulle aree emarginate del mondo nella nomina di nuovi Cardinali e abbia deciso di valutare come prioritarie le capacità pastorali nella designazione dei nuovi vescovi. Sostengono i tentativi del Papa di aprire il dialogo su questioni importanti per le famiglie e per i giovani e di invitare esponenti della chiesa nella preparazione dei Sinodi. WAC e EN condividono gli sforzi di Papa Francesco per maggiore trasparenza in materia finanziaria. Condividono il suo impegno nel dialogo con le altre chiese cristiane e con le altre fedi religiose.
I due movimenti WE Are Church e EN hanno anche espresso una profonda delusione per la mancanza di cambiamenti sostanziali in alcuni settori della politica e della dottrina della Chiesa, e per l’opposizione che i tentativi di riforma del Papa hanno incontrato all’interno della Curia. Essi fanno presente che il Popolo di Dio rimane escluso dal processo decisionale a tutti i livelli nella Chiesa mentre Papa Francesco chiede che il dialogo sia praticato a tutti i livelli. Hanno anche fatto presente che non c’è stato alcun cambiamento significativo per quanto riguarda la condizione di disuguaglianza delle donne nella Chiesa, nonostante la nomina di una commissione di studio per esaminare la questione dell’ammissione delle donne al diaconato. Il Papa ha mantenuto l’enfasi della Chiesa sulla complementarità che prescrive ruoli per donne e uomini basati sul sesso e sul riconoscimento del matrimonio come incontro permanente e esclusivo di un uomo e una donna aperto alla procreazione e alla crescita dei figli. Ciò significa che le persone divorziate, risposate, conviventi, oppure LGBTI , coloro che usano i contraccettivi, coloro che costituiscono famiglie mediante tecnologie di riproduzione assistita o hanno aborti sono spesso esclusi dalla piena partecipazione alla vita della chiesa.
Il Papa ha nominato una commissione per affrontare la questione dei preti pedofili nella Chiesa, ma l’opposizione al suo lavoro tra i membri della Curia ha determinato la sua incapacità di portare a termine la sua missione. . Un membro combattivo e sopravvissuto agli abusi si è dimesso in segno di protesta, l’autorità della Commissione è stata lasciata decadere e, una volta rinominata , si è trovata con membri che molti ritengono più deboli e meno propensi a sfidare la leadership della Chiesa.
La Chiesa dovrebbe rinunciare alle procedure di condanna e di scomunica e mostrare più rispetto per il pluralismo, specialmente in teologia. L’unità dei cristiani rimane bloccata dalla nostra Chiesa che rifiuta di accettare la comunione condivisa con membri delle altre chiese. WAC-I e EN affermano anche che, nonostante diversi inviti, il Papa ha mancato di incontrare i leader delle reti di riforma e di rinnovamento presenti nella Chiesa per affrontare questioni di interesse comune.
We Are Church e le rete europea Church on the Move chiedono a Papa Francesco di continuare nel suo impegno per le riforme generali necessarie per liberare la Chiesa cattolica da una struttura gerarchica troppo rigida, per coinvolgere maggiormente i laici e specialmente le donne nella comunità cristiana e perché la Chiesa viva veramente il Vangelo di Gesù in un mondo denso di conflitti e di cambiamenti. . Preghiamo che questo quinto anniversario segni un momento di rinnovamento radicale per la nostra Chiesa.
Contact: Marianne Duddy-Burke, USA, media@we-are-church.org Contatto: Marianne Duddy-Burke, USA, media@we-are-church.org , +1 617 669 7810 , +1 617 669 7810
Contact : Raquel Mallavibarrena, Spain , rmallavi@gmail.com Contatto : Raquel Mallavibarrena, Spagna , rmallavi@gmail.com , +34 649 332 654 , +34 649 332 654
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